La crescente disuguaglianza sociale e la "tassa sui ricchi" è un problema molto dibattuto in Cina ed alcune soluzioni sono già in fase di sperimentazione. Come tassare i redditi dei cinesi? L'analisi del Shidai Zhoubao, Time Weekly.
Il crescente divario tra ricchi e poveri che anche la Cina si trova ad affrontare, è un problema su cui, ogni anno, in concomitanza con la lianghui [le ”due sessioni” o “doppia assemblea” come vengono chiamate in Cina le riunioni annuali dell’Assemblea nazionale del popolo e della Conferenza politica consultiva del popolo cinese; ndt] si dibatte molto. Ci si interroga sulla possibilità di imporre una "tassa sui ricchi”, ma finora alle numerose discussioni non sono mai seguiti fatti concreti.
All'estero la "tassa sui ricchi" non è una novità. Gli Stati Uniti, per esempio, modificano continuamente la loro politica fiscale. Ogni paese dell'Europa Occidentale ha una propria tassa sui ricchi. In particolare, in Francia un'aliquota estremamente elevata sulle "persone particolarmente ricche", ha fatto fuggire non pochi ricchi all'estero.
La Cina, che ha lo stesso problema di un crescente gap tra ricchi e poveri, a confronto ha fatto ben poco. Questo nonostante ogni anno, durante la lianghui, abbiano luogo discussioni per decidere se sia o meno opportuno introdurre anche in Cina una "tassa sui ricchi".
Secondo la classifica Forbes del 2014 dei miliardari di tutto il mondo, il numero di quelli cinesi ha raggiunto quota centocinquantadue, permettendo alla Cina di posizionarsi al secondo posto per numero di miliardari, subito dopo gli Stati Uniti.
D’altra parte, i dati raccolti dal giornalista del Shijian Zhoubao (Time Weekly) mostrano che, ad oggi, le entrate fiscali derivanti da imposte dirette provengono per quasi due terzi da famiglie a reddito medio-basso. Con la pressione fiscale che aumenta costantemente per i ceti salariati, la richiesta di una riforma del fisco si fa sempre più forte. Ciononostante, per diverse ragioni, in molti anni non ci sono stati progressi sostanziali in tal senso.
"Attualmente l’incidenza fiscale ricade sui ceti sociali con reddito medio e medio-basso". - ha dichiarato nel corso di una intervista, Gu Kang, direttore dell'Istituto di ricerche sul fisco del Ministero delle Finanze, aggiungendo inoltre che "se paragonato a quello di altri paesi, l’onere fiscale dei cittadini cinesi più ricchi sembra troppo leggero".
Quando si riuscirà anche in Cina a riscuotere una "tassa sui ricchi" e a ridurre il divario tra ricchi e poveri?
Una tassa mensile per i redditi più alti
La Cina è uno dei pochi paesi al mondo ad adottare - dei tre diversi sistemi di tassazione attualmente utilizzati a livello internazionale - un sistema fiscale in cui si tassano in maniera “differenziata” le varie fonti di reddito. Questo modello tributario, [che è simile allo Schedular System of Taxation adottato nel Regno Unito; ndt], è più semplice e conveniente, ma il metodo utilizzato per calcolare le imposte per le varie fonti di reddito favorisce, in molti modi, l'evasione di chi ha un reddito elevato. Questo sistema causa, inoltre, una divisione non equa del carico fiscale sostenuto tra la popolazione più ricca e quella più povera.
In realtà, per alleggerire l'onere fiscale del ceto medio, la Cina ha più volte apportato modifiche al suo sistema tributario. La più recente risale al primo settembre 2011, quando la soglia minima di salario soggetta a imposta è stata elevata da duemila a tremilacinquecento renminbi.
Stando a quanto ha riferito, nel corso di un'intervista, il direttore del Dipartimento delle entrate fiscali dell'Istituto di ricerca per le strategie economico-finanziarie dell'Accademia cinese delle scienze sociali, Zhang Bin, "nel 2011 i redditi derivanti da salari e stipendi, quelli derivanti dalla produzione o da attività industriali e commerciali a conduzione familiare, i redditi ricavati da rendite finanziarie e quelli ricavati dal trasferimento di proprietà hanno rappresentato il novantaquattro per cento di tutte le entrate fiscali. La maggior parte deriva dai salari, che rappresentano oltre il 60 per cento di tutte le entrate fiscali".
I continui aggiustamenti del sistema tributario non riflettono, però, ancora a pieno il principio di equità. Per questo ogni anno, durante la lianghui, è ancora forte la voce di chi vorrebbe una tassa sui ricchi.
Yang Weihua, direttore del Centro ricerche sulle entrate fiscali e sulla gestione delle finanze, nel corso di una intervista con il Time Weekly, ha indicato che il divario sociale tra ricchi e poveri della Cina è in continua espansione. Se questo problema non sarà risolto, potrebbe diventare un fattore in grado di influenzare la stabilità sociale. Procedere con una riforma fiscale e una modifica del sistema esattoriale sarebbe vantaggioso per fare un passo avanti verso un sistema fiscale migliore, che permetterebbe di arrivare a un carico fiscale equamente suddiviso.
Ciò creerebbe un ambiente competitivo ed equo per l'economia di mercato della Cina, che, a sua volta, stimolerebbe l'iniziativa di tutta la forza lavoro. "La funzione redistributiva delle imposte, che può permettere di ridurre, indirettamente, il divario tra ricchi e poveri, favorisce l'armonia e la stabilità sociale. Moderando questo gap, è infatti possibile attenuare le attuali contraddizioni sociali causate da un'iniqua distribuzione della ricchezza".
Nel corso della conferenza stampa della seconda sessione della dodicesima Assemblea nazionale del popolo, tenutasi il sei marzo, il ministro delle Finanze, Lou Jiwei, ha dichiarato che il semplice innalzamento della soglia minima del reddito tassabile non è un metodo equo, poiché non riflette le differenze di ogni famiglia.
"Uno stipendio mensile di cinquemila renminbi non è molto alto,” – ha spiegato il ministro – “tuttavia ci si può vivere dignitosamente”. Ma ha aggiunto: “Questo è vero, se si vive da soli. Nel caso in cui, però, ci siano dei figli da mantenere diventa più difficile sopravvivere con tale reddito. Dal momento in cui si adotta una tassazione sul reddito complessivo le cose cambiano. Infatti, in questo caso, si calcolano allo stesso tempo tutte le entrate e le spese, incluse quelle per i bisogni di base. Uno stipendio di cinquemila renminbi non è più sufficiente se si devono affrontare le spese per crescere un bambino, le tasse scolastiche o se si deve pagare il mutuo della casa. Tutte queste spese sono, quindi, deducibili. Certo, se si posseggono tre case, probabilmente non si riceverà una detrazione; mentre sarebbe deducibile la prima casa perché rientra in quelli che sono i bisogni di base".
Lou Jiwei ha affermato che la maggior parte dei paesi che adottano un sistema tributario basato sul reddito complessivo hanno una soglia minima molto bassa, che non arriva a tremila cinquecento renminbi. Convertendo la soglia di alcuni di questi paesi nella valuta cinese, [a parità di potere d'acquisto] essa equivale a circa trecentocinquanta renminbi. Perciò, limitarsi a sollevare la soglia minima non rappresenta affatto una soluzione al problema.
Yang Weihua ritiene, inoltre, che, per affrontare la situazione dell’attuale disparità di reddito tra ricchi e poveri, serva una riforma radicale, basando le imposte non sul reddito familiare, ma sul reddito individuale. Egli propone di adottare un modello di imposta complessiva sul reddito individuale regolare o da lavoro dipendente, facendo pagare in anticipo l'imposta su base mensile, per poi calcolare a fine anno se ci sono detrazioni da restituire al contribuente o se sia necessario far pagare un’eventuale differenza.
Nei paesi occidentali la tassa sui ricchi finanzia la spesa pubblica
È sempre stato un problema per ogni paese, in particolare quelli sviluppati, imporre una tassa a chi ha un alto reddito o è ricco. Per lungo tempo, per incoraggiare gli investimenti, l'onere fiscale del capitale - considerato uno strumento per creare ricchezza - è stato spesso più basso di quello dei salari. Questo però ha fatto sì che i ricchi, che posseggono il capitale, pagassero in realtà poche tasse.
Tuttavia, sullo sfondo della crisi finanziaria e del divario tra ricchi e poveri, i paesi occidentali hanno cominciato ad imporre tasse sempre più alte ai ricchi.
Nel 2012, il governo spagnolo ha aumentato considerevolmente le tasse imposte ai ricchi, portando l'imposta sul reddito, per chi guadagna cifre pari o superiori a trentamila euro l'anno, dal 45 al 52 per cento. Anche l'Italia ha adottato un’addizionale del tre per cento per la fascia di reddito compresa tra i trentamila e i cinquantamila euro.
Negli Stati Uniti, le persone con un alto reddito sono i principali contribuenti. Il ceto sociale con un reddito annuale superiore a centomila dollari contribuisce per oltre il 60 per cento alle entrate fiscali complessive del paese, rappresentando la principale fonte di entrate negli Stati Uniti. Vale a dire che le enormi entrate fiscali annuali del governo americano provengono per lo più dal contributo della minoranza ricca della sua popolazione e non dalla maggioranza di persone che appartengono al ceto salariato.
Ciononostante, dopo la crisi finanziaria, il presidente americano Obama ha proposto, come parte del suo piano fiscale, l'adozione della "Buffet Rule" (che prende il nome da Warren Buffet, che ha dichiarato che lui, pur essendo un ultra miliardario, paga in media un’aliquota inferiore a quella della sua segretaria). Il piano è diretto ai ricchi con un reddito annuo superiore al milione di dollari e stabilisce un’aliquota minima che permette ai ceti più abbienti di partecipare all'inversione del deficit fiscale. Al tal proposito, Obama ha dichiarato: "Questo non è altro che un problema di matematica".
Nel 2013 Obama ha firmato un'altra proposta di legge per innalzare dal 35 al 39,6 per cento le imposte sui redditi individuali superiori ai quattrocentomila dollari l’anno e sui redditi dei nuclei familiari superiori a quattrocentocinquantamila dollari. La proposta prevedeva, inoltre, un innalzamento dell'Iva e della tassazione delle rendite finanziarie, dal quindici al venti per cento. La tassa di successione è stata portata dal trentacinque al quaranta per cento, divenendo di fatto l’imposta più alta del regime fiscale americano. Questo è il piano fiscale americano di più ampia portata dal 1968.
L’elevata "tassa sui ricchi" introdotta dal neo-eletto presidente francese Hollande è stata ancora più controversa: un'aliquota del settantacinque per cento per i redditi superiori al milione di euro. Per tutta risposta, molti francesi ricchi si sono trasferiti all'estero. Il Consiglio costituzionale francese, nel dicembre del 2012, ha però dichiarato incostituzionale la "tassa sui super-ricchi" voluta dal governo Hollande. Per aggirare la questione dell'incostituzionalità, il governo francese ha successivamente reso temporanea la tassa, rendendola applicabile solo ai redditi del 2012 e del 2013 e cambiandone il nome in “contributo eccezionale di solidarietà”. Molti artisti e imprenditori francesi ricchi, non fidandosi delle promesse di Hollande, hanno preferito comunque lasciare il paese.
Non è la prima volta che ricchi cittadini francesi emigrano per evitare di pagare le tasse. Nel 1981, dopo che il governo del Partito socialista presieduto da Mitterand ha annunciato una tassa sui ricchi, la stella del cinema francese Alain Delon si è trasferita in Svizzera. Lo stesso fecero altri famosi artisti o personaggi dello sport - come il cantante rock Johnny Hallyday o il tennista Yannick Noah - che chiesero la nazionalità svizzera o quella belga.
Nel 2013, i Verdi e il Partito Social-democratico, durante la campagna elettorale per l'elezione del parlamento federale tedesco, hanno dichiarato che, se avessero vinto le elezioni, avrebbero innalzato considerevolmente l'aliquota delle fasce di reddito più alte. I due partiti proposero, inoltre, l'introduzione di una tassa patrimoniale e l'innalzamento della tassa di successione. La loro speranza era di poter alzare l'aliquota sui redditi più alti dal quarantadue al quarantanove per cento. Volevano, inoltre, raddoppiare le entrate fiscali ricavate dalla tassa di successione – che fino a quel momento portava complessivamente nelle casse dello stato quattro miliardi e quattrocento milioni di euro ogni anno - e iniziare a riscuotere una tassa patrimoniale dai ceti più abbienti. L'intenzione dei Verdi era quella di riuscire a raccogliere, attraverso queste misure, almeno cento miliardi di euro nell'arco di dieci anni.
Pur non essendo riuscita ad introdurre una tassa sui ricchi, in Austria la grande coalizione al governo ha proposto una "tassa di solidarietà" - una addizionale sui redditi annuali superiori a 180mila euro - per risanare le casse dello stato,.
Nel 2010 il governo laburista del Regno Unito ha alzato l'aliquota dello scaglione più alto - i redditi superiori a 150mila sterline l'anno - dal 40 al 50 per cento. L'obiettivo era quello di risanare i conti dello stato, ma questa misura si è rivelata poco efficace. Quando il Partito conservatore ha preso le redini del governo, la politica è stata modificata. Per dare maggiore respiro alla già fragile economia, il governo ha alleggerito il carico fiscale sui ricchi, abbassando nuovamente l'aliquota per i redditi più alti dal 50 al 45 per cento.
In media, i paesi dell'Europa occidentale fanno pagare ai ricchi imposte pari al 46 per cento del loro reddito. Allo stesso tempo, però, molti paesi dell'Europa orientale, per mantenere la crescita economica, adottano aliquote piuttosto basse. Ad esempio, l'aliquota per i redditi più alti adottata in Polonia è pari al 32 per cento. In Repubblica Ceca è al quindici per cento; mentre, in Russia è solo al tredici per cento. Il regime fiscale di gran lunga più conveniente ha indotto molti ricchi dell'Europa occidentale a fuggire in questi paesi.
[tradotto per Internazionale]
[foto: China Whisper]
Tradotto da
Piero Cellarosi, 22 Luglio 2014
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