Haizi
海子


 

26 marzo 1989. Vicino a uno tra i più rinomati bastioni orientali della Grande muraglia, un ragazzo disteso sulle rotaie della ferrovia aspetta il passaggio di un treno. Solo due giorni prima era ricorso il suo venticinquesimo compleanno. Sul corpo sarebbero stati ritrovati una Bibbia, una raccolta di scritti di J. Conrad, una copia dello Walden di H. D. Thoreau e uno dei resoconti delle spedizioni dell’etnografo norvegese T. Heyerdahl. Si tratta di Haizi, un giovane di origini contadine, nato nella provincia sudorientale dello Anhui.

Il vero nome di Haizi era Zha Haisheng. Chi lo conosceva lo descrive come una persona semplice, pura e diretta; radicale nei suoi idealismi romantici e sentimentali. Oggi Haizi è uno dei poeti contemporanei cinesi più popolari, riferimento costante di artisti e musicisti folk. Amato e discusso sui social network, è omaggiato dal mondo accademico e osservato anche da alcuni studiosi anglofoni. Il giorno della sua morte è ricordato con dei reading di poesia, soprattutto a Pechino. La sua scomparsa è spesso accostata al suicidio del celebre poeta Qu Yuan, gettatosi nelle acque di un fiume più di duemila anni fa (1).

Haizi era docente presso la Facoltà di filosofia dell’Università di scienze politiche e giuridiche a Pechino. Ci era entrato giovanissimo, così come altrettanto presto aveva iniziato la sua carriera accademica: a soli quindici anni era infatti stato ammesso nella prestigiosa Università di Pechino, dove si era specializzato in giurisprudenza. In quel periodo la Cina si rialzava dai fervori della Rivoluzione culturale. Erano gli anni Ottanta, il decennio del rinnovamento, anche letterario, rivendicato in seguito alle politiche di apertura del Partito.

Haizi era parte integrante di questo movimento, alcuni studi hanno evidenziato il suo legame con i poeti oscuri cinesi (2), ma il suo contributo sarebbe stato riconosciuto soprattutto a posteriori. Durante la sua vita si scontrò con le diffidenze di una società materialista disinteressata alla poesia e con quelle dei circoli letterari più conservatori. Solo il suo suicidio avrebbe consegnato all’immortalità quegli scritti che avevano conseguito così pochi riconoscimenti mentre era in vita. Oggi Haizi è senz’altro uno dei poeti più influenti della letteratura cinese contemporanea, con un fortissimo ascendente sulle nuove generazioni di poeti, soprattutto tra quelli nati negli anni Novanta. I detrattori, in netta minoranza, gli rimproverano invece un pensiero poco limpido e una lingua non incisiva.

Al centro del dibattito c’è la questione del mito di Haizi, che ha accompagnato la popolarizzazione del poeta negli anni successivi alla sua morte. Pur rimanendo un culto di nicchia, i confronti nei forum, gli articoli e i saggi si sono concentrati spesso sugli amori e sulle ragioni del suicidio di Haizi, ancora prima che sulla sua produzione poetica. Ne sono emersi i lineamenti psicologici di un personaggio sicuramente fondato, ma anche lontano dalla realtà, dalla quotidianità e talvolta da una valutazione distaccata della sua produzione letteraria.

Negli anni che seguirono la sua morte c’è chi avrebbe ricollegato il suicidio a forme di schizofrenia, a tormenti sentimentali, persino alla pratica estremizzata del qigong. Una delle versioni più accreditate individua nella morte di Haizi un esito coerente –quando non una scelta consapevole-, da ricondurre alla ricerca nella vita reale di una sublimazione della propria poetica.

La parabola di Haizi lascia poi rivivere l’eterno contrasto tra la purezza del mondo agricolo e quello corroso metropolitano. Questo non solo per i ricorrenti riferimenti pastorali presenti nelle sue poesie, ma anche per via delle sue origini e della sua purezza d’animo, spezzata negli anni spesi a Pechino. In questo senso, Haizi è divenuto uno dei simboli del disadattamento giovanile degli anni Novanta, vittima dei cambiamenti di una società votata al progresso e al materialismo. Per altri, rappresenta invece l’esaltazione estrema della poesia, nel sacrificio ultimo del proprio fisico nel nome di un’essenza spirituale.

In rapporto ai riferimenti e agli immaginari letterari, Haizi rappresenta un punto d’incontro tra vari orizzonti, in cui rientrano –tra l’altro- la cultura moderna occidentale, la tradizione poetica cinese, la fascinazione per il mondo tibetano e la pratica filosofica cinese. Tra le sue prime influenze viene spesso citata l'opera del poeta oscuro Yang Lian, che Haizi avrebbe riformulato all’interno di una poesia epica fortemente intrisa di romanticismo, ricercatezza linguistica e culturale.

Concettualmente egli rimaneva legato a una percezione dell’esistenza dotata di una sensibilità profonda, esposta alle idealizzazioni e alle sofferenze d’amore, nonché alle suggestioni evocate dall’idea della morte. A questi temi ricollegava alcune immagini naturali topiche: il sole, lo scorrere dell’acqua, la terra, la prateria. La piena esperienza esistenziale, l’attaccamento alla vita umana, la postura meditativa e distaccata nei confronti dell’esistenza, l’omaggio idealizzato all’amore e alle sue pene sono tutti approcci ricorrenti che possono essere estrapolati dalla sua poesia.

 

 

Note:

(1)   Qu Yuan (340 a.C.- 278 a.C.), originario del regno meridionale di Chu, è uno dei poeti più celebrati di tutti i tempi nella letteratura cinese, vissuto nell’epoca degli Stati combattenti, durante il periodo di decadenza della dinastia di Zhou. Oggi la sua morte è rievocata ogni anno, il quinto giorno del quinto mese lunare, in occasione della Festa della barca del dragone (端午节, Duanwu jie), giornata di festa nazionale. Tra le attività principali c’è una tradizionale competizione di barche e la preparazione di alcuni fagottini di riso glutinoso (粽子, zongzi) avvolti intorno a foglie di loto, anticamente lasciati alle acque in offerta al poeta deceduto.

(2)   I poeti oscuri cinesi (朦胧诗人, menglong shiren) rappresentano uno dei movimenti di maggiore influenza nella poesia contemporanea cinese. Si trattava di un gruppo di intellettuali che faceva riferimento alla rivista “Oggi”, chiusa nel 1980. Ad accomunarli era il tormento provocato dalla Rivoluzione culturale e uno stile fortemente intimista, simbolico e soggettivista, da cui deriva il loro nome.