Oggi compio trentacinque anni.
Se cinque anni fa non mi sembrava possibile avere trent’anni, oggi sono abituato a una vita da trentenne: sono diventato lo “Zio He”. Naturalmente sono arrivati anche una montagna di problemi; l’artrite, che quest’anno mi ha tenuto quattro giorni sulla sedia a rotelle, o le vertebre, che spesso mi fanno male. Un tempo, quando stavo in piedi riuscivo a toccare per terra con il palmo delle due mani, cosa ora impossibile. Non so se sono i muscoli a essersi irrigiditi o è colpa della pancia che ho messo su. Il risultato è che ho comprato un sacco di scarpe senza lacci.
A trentacinque anni si entra in uno stato di indolenza e pigrizia, come fossimo diventati dei gattoni grassi e appiccicosi. La mia vita è cambiata molto. Se prima ero troppo impegnato per scrivere sul blog, poi non avevo più l’umore per scrivere. A trentacinque anni si cominciano a perdere i capelli, la pancia scoppia e la pelle del viso diventa flaccida. Tutto questo mentre cominciano a trattarti da professionista: si affrettano a darti titoli e ti trascinano su qualunque palco per metterti alla prova. Anche la vita comincia ad essere più regolare: nessuno ti chiede più di cosa vivi.
Prima di arrivare a Pechino pensavo che in questo paese tutti devono appartenere ad una danwei (1), un’unità di lavoro. Solo i malviventi o quei poveretti dei paesi capitalisti, non appartengono ad una danwei disposta a occuparsi di loro. Due anni fa appartenevo ad una danwei! Era come avere una medaglia d’oro o essere nominato in un qualche editto imperiale: una garanzia per la vita, una protezione dalla precarietà. Quando ho scelto di lasciare la danwei sono stato colto dal terrore, non ero più tutelato da nulla. Con un po' di vergogna devo ammettere che all'inizio mi mancava. La danwei mi dava un senso di protezione e rifugio.
In due anni ho passato più di settecento giorni e settecento notti di sregolatezza senza sapere cosa sarebbe successo domani. […] Poi mi sono abituato. Mi sento come quei felini che si scaldano al sole allungati sulle rocce e si leccano languidamente. Per loro la vita è questo: stiracchiarsi su una roccia.
La società mi ha accettato. Non voglio scrivere cazzate strappalacrime di ringraziamento, ma quello che è certo è che mi ha dato una possibilità. […] Se mi avesse etichettato come esempio negativo, riducendomi in cenere, mi avrebbe tolto ogni speranza. La mia esperienza personale è stata diversa. Mi ha insegnato che si può cogliere un’opportunità lavorativa senza necessariamente essere famelici e vergognarsi di fronte agli altri. Questa è una vita che funziona; riesco persino a canticchiare da solo a casa. Voglio dire, non è scontato riuscire a cantare in un mondo in cui tutto è creato da individui che appartengono ad una danwei, senza niente di straordinario ed eroico.
Ho anche fatto un esperimento su di me. In undici anni di lavoro, ho avuto modo di osservare tattiche intricate e trucchetti ingegnosi, il cosiddetto modello manageriale con caratteristiche cinesi. La differenza sta nel paparino forte e potente o in una massa di paparini forti e potenti. L’autorità dei leader viene da fattori come la pressione, la carità, le divergenze, le punizioni e la discordia; i sottoposti sono pecore deboli e ignoranti, che hanno bisogno di una gestione militare e una mano forte per poter farne uscire qualcosa di utile. Nel mio team, invece, ognuno poteva parlare e ognuno poteva chiedere le motivazioni degli ordini. [...]
Ora mi piace lavorare insieme a gente giovane, nata dopo l’80 o addirittura l’85; anche il mio superiore è nato dopo l’80. Prima i miei colleghi erano gente degli anni ’50 e ’60. Temo che le giornate più belle passate con loro non si possano nemmeno paragonare al giorno più sfigato di questi miei ultimi due anni.
Se non avessi lasciato la danwei, probabilmente non avrei mai saputo che, in realtà, le relazioni interpersonali possono essere semplici, i modi di gestione rilassati; più in generale, non penserei mai che un cinese possa gestire se stesso, impegnarsi per realizzare qualcosa. Non fare dei subordinati degli scemi, dir loro sempre la verità, lasciare che facciano il lavoro per cui sono più portati: non capisco perché si pubblicano così tanti libri sulla teoria manageriale.
Nel percorso da ameba ad essere umano, non ci sono manuali di istruzioni. Questo mi convince del fatto che il futuro sarà diverso, perché le persone che costruiscono questa società sono diverse, così come è diverso il loro modo di aggregarsi. Ci sarà sempre una generazione che non viene educata sui libri di Zeng Guofan (2), che non cresce facendo del lavoro lo studio di una tattica militare. Se il maturare sostituisce l’essere educato e una persona diventa realmente un individuo, questo mondo può diventare più gentile e bello, e i rapporti tra le persone non somiglieranno più a tattiche tra lupi.
Ovviamente il prezzo da pagare per questo è alto. Ho meno tempo per scrivere il blog. [...] Dieci anni fa pensavo che il mondo della rete fosse uno stato ideale, un’utopia. Ingenuamente pensavo che quelli che navigavano possedevano una particolare disposizione mentale. Ora ho capito il motivo per cui la pensavo così: volevo evadere.
Quando più di trecento milioni d’individui vanno su internet, la realtà virtuale diventa una folla inevitabile, un mondo in cui diventa impossibile nascondersi. Prima si poteva fuggire dalla gente e immergersi nella rete. Oggi in rete ci si incontra, e non si può evitare di provare a capire cosa pensano e cosa fanno gli altri.
[…] Una rete di 50 mila persone è completamente diversa da una rete di 50 milioni di persone. […] Allo stesso modo, c’è una differenza abissale tra i comportamenti e la percezione del mondo della minoranza che accede a internet e quelli della maggioranza che non vi accede.
Ai lettori del mio blog ho già raccontato tutto. Forse oggi dovrei cambiare mezzo di comunicazione; potrei scrivere un romanzo o una sceneggiatura. Ma ancora non ho trovato una lingua adatta a comunicare con le masse. […]Passati i trentacinque, il tempo è un ferro rovente che gradualmente si avvicina al tuo culo. In quel calore avverti una minaccia e già senti l’odore di peli bruciati.
Oggi ho trentacinque anni. Spero di poter finire un nuovo libro, scrivere una sceneggiatura e fare qualcosa che non ho mai fatto prima.
(5 novembre 2005)
(1) La danwei 单位 è l’unità di lavoro fortemente gerarchizzata, tipica dell’economia socialista. Essendo lo spazio fisico di lavoro e di vita quotidiana, includeva scuole, ospedali, uffici e servizi vari e ad essa i lavoratori erano legati anche per la gestione di questioni come il matrimonio, i viaggi e la nascita di figli. Il termine è usato ancora oggi in riferimento a luoghi di lavoro, spesso associata a una realtà di sicurezza e stabilità lavorativa e sociale. (2) Zeng Guofan 曾国藩, (1811-1872). Generale, statista, uomo di lettere della dinastia Qing.
Tradotto da
Lucia De Carlo, 03 Febbraio 2011
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