Ye Tan sottolinea come l'urbanizzazione non rappresenti di per sé una condizione sufficiente per promuovere un modello di sviluppo basato sui consumi interni. Comparando il diverso grado di successo dell'urbanizzazione "relativamente perfetta" del mondo occidentale con quella "sbilanciata" dell'India, fa notare come solo una urbanizzazione di qualità - contraddistinta da un elevato livello di integrazione sociale, distribuzione delle risorse, mercato - sia in grado di trainare i consumi e diventare un importante motore dello sviluppo economico. Un processo di urbanizzazione che fallisca in questo può solo esacerbare - cosa che sta avvenendo in Cina - le differenze e le tensioni sociali. Il rischio - avverte la giornalista - è l'affermarsi di tendenze estremiste nella generazione futura.
Affinché l’urbanizzazione possa trainare i consumi, il prerequisito è che chi migra nelle città sia in grado di consumare. Vi sono diversi tipi di urbanizzazione: c’è quella quasi perfetta di Europa e Stati Uniti, ma c’è anche quella di paesi come l’India che non è in grado di stimolare la domanda interna.
Un mio amico è andato in India, dopo aver visto infrastrutture arretrate e slum sparsi ovunque, ha cambiato completamente opinione nei confronti dell’idea della “sfida tra dragone ed elefante”; è pessimista riguardo il futuro dell’India, ritiene che il modello India non meriti di essere seguito dalla Cina. Città come Mumbai hanno gli slum più grandi del mondo, infrastrutture insufficienti ed è difficile immaginarne il futuro. Non c'entra niente il fatto che i poveri di Mumbai siano più o meno soddisfatti; questo aspetto c'entra invece sicuramente con lo sviluppo futuro dell’economia del paese.
Dipende solo dalla qualità dell’urbanizzazione il fatto che possa diventare il più importante strumento per promuovere lo sviluppo dell’economia cinese. Il 19 settembre il vice premier Li Keqiang ha dichiarato che l’urbanizzazione possiede le più grandi potenzialità per la domanda interna della Cina; nei prossimi venti o trent’anni, se la crescita del tasso di urbanizzazione manterrà i livelli attuali, avremo oltre 10 milioni di persone che ogni anno si trasferiranno nelle città. Ciò farà inevitabilmente crescere la produttività e i benefici collettivi delle città, espandere gli investimenti nei servizi pubblici e nelle infrastrutture urbane, così come aumentare gli stipendi e i consumi dei cittadini. Ciò permetterà, inoltre, di creare le condizioni per la modernizzazione dell’agricoltura e quindi di liberare le potenzialità dell’enorme domanda interna; “questa è la vera fonte del dinamismo dello sviluppo di lungo periodo, relativamente rapido e stabile, dell’economia cinese”.
Una urbanizzazione sana porterà nuovo impeto alla crescita dell’economia e della domanda interna. Un’urbanizzazione malsana avrà, invece, un effetto completamente opposto: non solo non ha la capacità di promuovere i consumi, ma può innescare la “trappola del reddito medio” [il fatto cioè che raggiunto un certo livello di reddito medio accettabile per la maggior parte delle persone la crescita si interrompa, ndr]. Li Keqiang ha sottolineato che, fino ad oggi, la prova più evidente del fatto che lo sviluppo cinese non è bilanciato è rappresentata dal divario tra città e campagne; allo stesso tempo, anche all’interno delle città è presente il problema di una struttura a doppio binario, tanto che è proprio all’interno delle città che si evidenziano le maggiori differenze. Ad esempio, i lavoratori migranti che provengono dalle campagne quando arrivano in città devono affrontare numerose difficoltà – l’occupazione, la previdenza sociale, la casa - . Nelle città, nelle fabbriche e nelle miniere ci sono ancora molte aree di slum e numerose famiglie in ristrettezze economiche.
Il tasso di urbanizzazione in Cina ha già assunto un trend malsano. Ciò è evidente soprattutto nel fatto che la popolazione che è migrata nelle città non si è integrata. Le città hanno goduto anticipatamente dei vantaggi dello sviluppo economico promosso dagli investimenti e dai vantaggi derivanti da una popolazione numerosa; sono rimasti però da pagare molti dei costi dell'urbanizzazione. Ciò molto probabilmente interromperà il processo di urbanizzazione e si ritorcerà contro l'economia rurale. Un’altra prova è che parte delle risorse delle città sono eccessivamente concentrate, la mercatizzazione non è sufficiente e le masse delle città non danno vita ad un processo di urbanizzazione altamente efficiente. Infine, nel processo di urbanizzazione, la maggioranza delle persone che migra nelle città è a corto di accumulazione originaria del capitale e non ha quindi modo di promuovere la domanda interna.
A settembre l’Accademia cinese delle scienze sociali ha pubblicato il libro blu sulle capitali internazionali, Rapporto sullo sviluppo delle città internazionali 2012. Stando al rapporto, nel 2011 la popolazione urbana della Cina ha raggiunto il 51,27 per cento. Dato che il suo tasso di urbanizzazione ha superato il 50 per cento, da un punto di vista statistico, la Cina è già diventata un paese “urbanizzato”. Si stima che entro il 2020, il tasso di urbanizzazione della Cina raggiungerà il 55 per cento; nei prossimi anni 150 milioni di cinesi cambieranno il loro status da quello di contadini a quello di cittadini.
Un fatto non ignorabile è che il tasso di urbanizzazione, sulla base del numero di residenti permanenti registrati, è soltanto pari al 35 per cento. In molte città costiere, la popolazione giornaliera totale è di molto superiore al numero di residenti permanenti, e questi sono di gran lunga più numerosi dei residenti registrati. Prendendo come esempio una qualunque città media del Guangdong, secondo le stime di China Telecom elaborate sulla base del traffico degli instant message, ogni giorno la popolazione raggiunge circa 3 milioni di abitanti, i residenti permanenti sono un milione e mezzo, mentre i residenti registrati ammontano solo a poche decine di migliaia. Ciò vale anche per città come Wenzhou e Wuxi, che producono ricchezza facendo affidamento sulle esportazioni del settore manifatturiero.
Stando alle indiscrezioni che trapelano dal dipartimento di statistica di Zhuhai, la popolazione registrata negli anni recenti è cresciuta abbastanza rapidamente, raggiungendo il 4,18 per cento. Il direttore del dipartimento di statistica locale, Zhao Li, ha dichiarato che quando un forestiero ottiene la residenza ufficiale a Zhuhai, il governo spende per lui, in servizi pubblici come l’istruzione e le cure mediche, come minimo cinquecentomila yuan. Perciò, innalzare la soglia di accesso al permesso di residenza ufficiale e all’acquisto di una casa rappresenta un modo razionale per allocare le risorse della società e del governo. Zhuhai è considerata una città in cui la gestione sociale creativa ha dato risultati relativamente positivi. È facile quindi immaginare la situazione delle altre città.
La registrazione ufficiale di residenza è il simbolo dell’uniformazione della giustizia e della sicurezza sociale in Cina. Se il sistema non equo di registrazione ufficiale non sarà migliorato, dietro di esso resteranno occultati una serie di problemi irrisolti, come ad esempio il fatto che le pensioni di anzianità non possono diffondersi nel paese, così come le risorse per le cure mediche e l’istruzione non equa, eccetera.
Se la società non riuscirà a garantire la piena occupazione, nell’arco di venti o trent’anni, la generazione più giovane che subirà tale discriminazione potrebbe ricorrere alla violenza o ad estremismi per manifestare la sua insoddisfazione nei confronti della società. Esaminare le cause del tasso di criminalità delle diverse aree, così come il background della criminalità giovanile, può fornirci alcune indicazioni.
Cheng Gong, ricercatore della società di consulenza Anbang, ha affermato che un tasso di urbanizzazione del 50 per cento rappresenta una pericolosa linea di sicurezza relativa alle rivolte sociali. Quando in Iran è scoppiata la rivoluzione di Khomeini, il tasso di urbanizzazione era pari al 50 per cento; anche quando in Turchia c’è stato il colpo di stato ed il governo militare ha preso le redini del paese, il tasso di urbanizzazione era del 50 per cento. Per quanto riguarda le rivolte in Nord Africa e la Primavera araba, sebbene il tasso di urbanizzazione della maggior parte delle città fosse già superiore al 50 per cento, va osservato che i problemi hanno cominciato ad accumularsi esattamente dopo aver raggiunto quella soglia di urbanizzazione.
È ancora possibile che l’urbanizzazione cinese si sviluppi in maniera malsana. Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, la popolazione povera che abitava nelle città cinesi nel 2010 era pari al 28 per cento, superiore dello 0,1 per cento alla popolazione povera urbana dell’India nello stesso periodo. Il 25 settembre, Ernst & Young ha pubblicato il rapporto “Categorico: aumentare la produttività della Cina”, in cui afferma che la crescita della produttività della Cina tende al ribasso: il tasso di crescita medio annuo della produttività totale dei fattori è calata dal 4,7 per cento del periodo 2001-2007, al 2,8 per cento del periodo 2008-2010. Ciò evidenzia come l’urbanizzazione non sia in grado di trainare la crescita dell’efficienza economica. L’urbanizzazione non implica inevitabilmente un aumento dei consumi, ma può anche implicare, al contrario, un ampliamento del gap tra ricchi e poveri e l’espansione delle slum. L’urbanizzazione non comporta necessariamente una crescita dell’economia; dopo la fine dei vantaggi del settore manifatturiero, può comportare, invece, una diminuzione dell’efficienza produttiva. La popolazione non necessariamente rappresenta un vantaggio: una popolazione migrante di grandi dimensioni, senza formazione può favorire l’arrivo di un periodo di caos.
La Cina deve riprendere urgentemente la via di una sana urbanizzazione, liberandosi dal circolo vizioso della vendita della terra, della sicurezza sociale non equa, dell’accumulo eccessivo di risorse nelle grandi città.
Tradotto da
Piero Cellarosi, 30 Ottobre 2012
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