Come sta cambiando il giornalismo d'inchiesta in Cina? Quali strumenti e metodologie possono supportare il lavoro dei giornalisti? Luo Chanping, giornalista d'inchiesta esperto in casi di corruzione, ripercorre alcuni reportage chiave della sua carriera per interrogarsi sui cambiamenti in corso nel giornalismo alla luce dell'innovazione apportata dai nuovi media.
Non credo nei capolavori. Nella mia professione c'è chi per un articolo campa tutta la vita di rendita, ma si tratta di casi sporadici che non rappresentano il livello reale del giornalista. Non credo nell'"articolo che ti rende famoso"; piuttosto sono convinto che si debba procedere con un piano a lungo termine e osservare quanta verità si riesce a trasmettere. Ovviamente l'epoca del "pezzo della vita" è passata.
È vero per esempio che l'inchiesta su Liu Tienan mi ha dato molta fama, ma non si è trattato del rischio più grande che ho corso, e neanche del massimo esempio di integrazione di competenze. Nei sette anni che ho lavorato nella redazione di "Caijing", sono stato in due gruppi di inchiesta che mi hanno impegnato per più di tre anni: lo "scandalo dei fondi per la previdenza sociale di Shanghai" e lo "scandalo Li Wei". Quest'ultimo l'ho portato avanti da solo, mentre l'inchiesta su Shanghai è stata il risultato di una cooperazione con un gruppo formato da più di dieci colleghi. Il merito è di tutti. Personalmente non ho ricevuto alcun riconoscimento, ma si è trattato di una delle inchieste per cui ho lavorato di più. Quei tre anni sono stati molto duri e tormentati. Ora difficilmente si vedono media o giornalisti disposti a investire tanta energia.
Per una strana coincidenza, sono entrato a "Caijing" il 4 luglio 2006 e, il 5 luglio, il Comitato disciplinare del Pcc che controllava le illegalità dell'Ufficio della previdenza sociale di Shanghai aprì l'inchiesta. Il 17 luglio il direttore dell'Ufficio della previdenza sociale venne condannato a shuanggui (forma di detenzione imposta a funzionari del Pcc accusati di corruzione). Poi l'indagine si estese alla municipalità di Shanghai, ai manager delle aziende di stato e a più di trenta magnati, fino al segretario del comitato municipale di Shanghai, Chen Liangyu [ex leader del Pcc e sindaco di Shanghai].
[...] L'inchiesta sulla previdenza sociale di Shanghai ha avuto cinque copertine su "Caijing" e articoli dettagliati sulle personalità coinvolte.
[...] Per l'inchiesta sullo scandalo Li Wei, non ci siamo serviti semplicemente di notizie di contorno, ma abbiamo dovuto costruire una logica che non esisteva, una metodologia che rivelasse l'alleanza tra funzionari e businessmen. Nel corso dell'inchiesta, abbiamo ricevuto corsi di formazione in economia e finanza. Per quanto preparato su questioni legali e sociali, come molti giornalisti d'inchiesta, mi mancavano conoscenze base di economia.
[...] A parte il competitor "21 Century Business Herald", pochi altri media infusero tanta energia nell'inchiesta sui fondi per la previdenza sociale di Shanghai quanto "Caijing". Anche organi come Xinhua, che hanno il monopolio dell'informazione, non fecero dei reportage completi. In un certo senso, "Caijing" possiede il monopolio delle notizie su tali argomenti; come dire, su casi così grandi, Caijing è uno dei pochi, se non l'unica piattaforma, che rilascia informazioni.
Poi, per la vicenda Chongqing e soprattutto il caso Bo Xilai, il tribunale rilasciò una documentazione di 140 mila parole dell'interrogatorio, ponendo così fine alla superiorità del monopolio di "Caijing". Inoltre pressioni sempre più dure, hanno reso più complicato il completamento di inchieste su questi temi.
Oggi i nuovi media hanno ribaltato tale meccanismo. Quando succede qualcosa a un funzionario, non solo le notizie appaiono prima sui social media, ma è possibile anche mettere insieme tutti i dettagli precedenti. Non è più così evidente il senso per cui un giornalista fa questo tipo di inchieste; ci sono meno potenzialità nel vecchio "influenzare il presente" e "registrare la storia" non sembra un incitamento così potente.
Negli ultimi due anni ho provato con i miei colleghi a fare delle analisi qualitative, per esempio raccogliendo "i registri di corruzione degli alti funzionari" di 120 personalità di livello ministeriale, comprese più di cento "inchieste su corruzione giudiziaria", eccetera. Poiché i casi sono troppi, non si riesce a organizzare un'inchiesta giornalistica.
D'altro lato, considerando la questione da una prospettiva più ampia, mi chiedo, nei diversi cicli politici, a chi è d'aiuto il coinvolgimento dei media? Qual è il ruolo della stampa? Col cambiamento dei tempi, come deve modificarsi il nostro modo di lavorare?
A dicembre 2012, prima dell'inchiesta su Liu Tienan, avevo presentato le dimissioni a "Caijing", perché i media tradizionali siano stati in gran parte spodestati dai nuovi media. Voglio tentare qualcosa di nuovo. L'inchiesta su Liu Tienan è stata un'innovazione. Perché? Perché si è rivelato un ottimo metodo, che si tratti di colleghi, funzionari, gente comune. Naturalmente questo fenomeno suscita molte controversie, che però ci permettono di discutere sulla nuova epoca che ci troviamo ad affrontare, e soprattutto sulla vecchia etica professionale, la modalità di produzione e la demarcazione dei limiti.
Il giornalismo attuale è piuttosto pessimista sul futuro, io invece no. Perché anche se non faccio parte dei media, possiedo comunque i canali per diffondere delle notizie. Potrebbero nascere delle grandi innovazioni, lo spazio a disposizione è enorme e tutti possono partecipare. Il mondo è sempre più aperto e ci sono cose al di là della nostra immaginazione, proprio come la televisione per gli imperatori di un tempo e il cellulare per il vecchio Mao.
Tradotto da
Lucia De Carlo, 08 Aprile 2014
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