A febbraio 2013 la rivista "Science fiction studies" ha pubblicato il primo numero monografico sulla narrativa fantascientifica della Cina. Esiste un modo di guardare all'universo tipicamente cinese? Han Song, uno dei maggiori autori cinesi del genere, spiega perché la Cina ha bisogno della fantascienza.
Ho iniziato a scrivere romanzi di fantascienza a Chongqing, esattamente trent'anni fa nel 1982, proprio quando gli americani hanno iniziato a descrivere l'universo.
La Cina di allora era molto diversa. La gente non era così pragmatica, amava illudersi e guardava allo spazio. A Chongqing la gente aveva un entusiasmo quasi infantile per la fantascienza, che all'epoca aveva dei grandi maestri. Gli insegnanti di allora non ci insegnavano i canti rivoluzionari, ma a scrivere di fantascienza.
Io scrivevo in modo piuttosto bizzarro. Un racconto di cui ero abbastanza soddisfatto parlava di una persona immobile sul bordo di un cratere, che, guardando in basso, scorge un dirigibile, ugualmente immobile. Un altro racconto, invece, narrava di studenti cinesi delle medie con un pensiero fisso: la navicella spaziale americana che hanno mandato in sovraccarico sta per cadere. E coincidenza ha voluto che quattro anni dopo, il 28 gennaio 1986, lo shuttle americano "Challenger" esplose al decollo provocando la morte di sette astronauti.
Il nostro insegnante non era soddisfatto, richiedeva che scrivessi un contenuto più familiare a noi cinesi. Ma non ci riuscivo, era strano. Non era facile scrivere una storia di fantascienza su un cinese che manda un panda sulla luna! Alla fine il racconto venne pubblicato su un giornale per ragazzi di Chongqing, perchè non aveva avuto l'autorizzazione per le pubblicazioni nazionali.
L'anno dopo furono lanciate le campagne contro l'inquinamento spirituale e il liberalismo borghese. Dall'oggi al domani, sparirono tutte le opere e le riviste di fantascienza - tranne "Mondo fantascientifico" del Sichuan, che all'epoca si chiamava "Cultura scientifica".
La Cina era scossa da profondi e improvvisi cambiamenti che nessuno sapeva prevedere. Nel 1984 ho iniziato l'università mentre continuavo a scrivere. Nel 1985 mandai un pezzo a "Mondo fantascientifico" e lo presero subito. Quindi non ho più smesso. Nel 1989 e nel 1991 ho vinto il premio "Via lattea", ritirati entrambi a Chengdu, dove si tenne il congresso annuale dell'Associazione del mondo fantascientifico. [...] A Chengdu ho sentito il fascino della fantascienza: i nomi più celebri, cinesi e mondiali, confluivano lì. [...]
Fantascienza cinese
Com'è la fantascienza cinese? Quali sono le similitudini e le differenze tra la fantascienza contemporanea e quella di allora? Il filo conduttore è l'idealismo, o in altre parole, lo scetticismo e lo spirito di opposizione. La fantascienza cinese è sempre esistita in un contesto particolare, nascosta nelle fenditure e sotto una pressione. Un gruppetto di idealisti: "pensi che non ne sono capace? Ti dimostro il contrario."
Il direttore della rivista "Mondo fantascientifico" Yang Xiao e il caporedattore Tan Kai erano proprio degli idealisti. [...] Ancor oggi in Cina nessuno scrittore si guadagna da vivere solo con la fantascienza; molti, nonostante le difficoltà, non si sono mai fermati. È basandosi sull'idealismo che la rivista fantasy di Shanghai "Novoland" divulga le proprie opinioni e persegue obiettivi diversi dal sistema mainstream. Naturalmente non c'è più la stessa pressione politica, ma oggi sottostiamo alla legge del mercato. Ha ragione Wu Yan, professore dell'Università Normale di Pechino, che nel suo "Teoria di letteratura di fantascienza" ha descritto la fantascienza come una forma di resistenza di un gruppo marginale. [...]
La fantascienza risponde a temi ultimi. Sono quei geni che stanno ai margini della società, di certo non quei personaggi nei centri di potere, che riflettono su questi temi. Come possono pensarci quelli che ogni giorno bevono Maotai costoso e si fanno accompagnare da signorine nei club? [...]
Abbiamo bisogno della narrativa di fantascienza. Questa mette l'uomo in un contesto estremo, diverso dalla realtà, dove le condizioni sono limitate, perché sottostanno alle leggi della scienza; la fantascienza conduce ripetuti esperimenti e valuta diversi risultati. In questo modo esamina se un'utopia o un'immagine del futuro, può o meno realizzarsi. [...]
Lo stimolo che la fantascienza dà al lettore è nella suspence, nell'incertezza di cosa succederà nel capitolo successivo, nell'indeterminatezza del futuro. Per questo non si devono porre troppi limiti a questo tipo di letteratura, costringendola in un unico modello: perché sia possibile una molteplice innovazione, deve essere varia. Tale sfida è ancor più grande nella cultura cinese contemporanea. Per questo la fantascienza è una letteratura libera, che vuole rischiare. Ha qualcosa di simile alla musica rock o alle avanguardie artistiche. Cantare solo dei canti rivoluzionari è assolutamente impensabile, rappresenta un pensiero lineare, un aut aut, un'interpretazione fossilizzata di Marx. Perché la Cina in trent'anni non ha sviluppato la creatività? Perché manca di un terreno che permetta al pensiero di galoppare libero, oppure di uno spirito fantascientifico.
La fantascienza è un bilanciamento e una limitazione dell'autorità. Sostiene che di fronte alle leggi dell'universo, tutti sono uguali. Il romanzo "Equilibrio spietato" affronta proprio questo problema, dando un significato più grande, più profondo e basilare al concetto di "l'essere umano prima di tutto" (yirenweiben). Allo stesso tempo, cerca a fondo la verità. [...]
I miei romanzi di fantascienza si ispirano alla realtà, spero così che riescano a riflettere gli enormi cambiamenti nella società cinese. È come scrivere un diario, registrare la realtà. Il primo racconto, che ho pubblicato su "Science fiction world", descrivevo un cinese che atterra sulla luna e la prima cosa che dice non è "un piccolo passo per l'uomo, un grande passo per l'umanità", ma tira fuori la merce che ha a bordo e comincia a fare pubblicità. La Cina è diventata la fabbrica del mondo, vende prodotti all'intero pianeta terra, mi chiedo se farà lo stesso nel sistema solare. [..]
La fantascienza è l'informazione del futuro
Penso che la Cina sia troppo fantascientifica. Lavoro nel giornalismo: ogni giorno sono a contatto con la fantascienza. Le cose che scrivo, o vengono pubblicate e guidano l'opinione pubblica, oppure diventano romanzi di fantascienza e guidano comunque l'opinione pubblica. Le notizie sono la storia di domani, così come la fantascienza è l'informazione del futuro.
La realtà cinese è oltre la fantascienza
A gennaio Mark Harrison, il vice preside dell'Istituto di lingue e culture asiatiche dell'università di Tasmania, era in visita in Cina. La sua ricerca verte su China's futures. Attenzione al plurale. Siamo in pochi a occuparci del futuro della Cina. In generale è già ben pianificato. Gli occidentali hanno paura della Cina e ritengono che per studiarne il futuro, bisogna leggerne la fantascienza.
Arrivato a Shanghai, il professore ha detto che Pudong è una città del futuro, mentre Puxi è il presente. Su un punto siamo concordi: entrambi riteniamo che la Cina di oggi vada oltre la fantascienza. China is more than science fiction, ha affermato il professore. Gli ho chiesto chi sta modellando il futuro della Cina. Ha risposto: "è molto semplice, il Partito comunista cinese." Ha continuato dicendo che esiste l'utopia e la distopia e che quindi, ora deve esserci una "sino-topia".
Sì, ha ragione, stiamo vivendo una "sino-topia" unica. Non è detto che la fantascienza possa mai essere popolare, ma di sicuro la "sino-topia" sta influenzando il mondo. Gli hanno chiesto se gli australiani si sentono occidentali. Ha risposto di no, sottolineando che gli australiani si ritengono cinesi, perché tutto il mondo diventerà cinese. Viviamo in una enorme e incomparabile "sino-topia". Descrivere questa utopia è il dovere di noi scrittori di fantascienza. Non può farlo solo la letteratura mainstream.
Tradotto da
Lucia De Carlo, 01 Marzo 2013
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