High Tech, Low Life è il titolo del documentario del regista Stephen Maing che racconta le vite quotidiane e le iniziative di due dei principali attivisti della rete cinese, Zuola e Laohu miao.In questo post Zuola narra le vicissitudini intercorse per partecipare alla prima mondiale del documentario, avvenuta lo scorso 19 aprile in occasione dell’XI edizione del Tribeca Film Festival a New York.
Il documentario, premiato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (Little Rock Festival, Indipendent Film Festival, Open City Docs Fest e Woods Hole Film Festival), verrà proiettato nell’anteprima italiana il 5 e il 6 ottobre a Ferrara, in occasione dell’edizione 2012 Festival di Internazionale.
Il 4 aprile, all’Istituto americano a Taiwan, mi era stato rifiutato il visto per gli Stati Uniti. Avevo buttato più di mille yuan e di conseguenza non nutrivo più speranze nella possibilità di partire. Però Steve, il regista del documentario High Tech Low Life, voleva davvero che io andassi e mi ha rimborsato tutti i soldi che avevo pagato per la richiesta de visto. Sapevo che Steve, da buon produttore cinematografico indipendente, era tutt’altro che ricco. Aveva già fatto ricorso a prestiti diverse volte per venire in Cina e seguire me e Laohu Miao. Anche ora, che si trova di nuovo in cattive acque, ha dato vita a una campagna di raccolta fondi su kickstarter.com; anch’io l’ho imitato con un’iniziativa simile sul sito cinese demohour.com, nella speranza di alleviare la pressiona economica a cui è sottoposto.
Dopo che mi era stato negato la prima volta il rilascio del visto per gli Stati Uniti, mi ero sentito anche un po’ sollevato. Comunque ho fatto un altro tentativo e ho chiesto istruzioni al Sig. Robert, dell’Ufficio culturale e stampa dell’Ambasciata americana a Pechino; dopo un lento scambio di mail,
il 17 aprile ho ricevuto una comunicazione in cui mi diceva che la replica dell’Ufficio immigrazione suggeriva l’avvio di una nuova pratica, tuttavia senza garanzia di successo. Così il 18 mattina ho presentato una nuova richiesta; ho provato anche a mandare una mail per spiegare che non avrei potuto fare la fila per fissare l’appuntamento, visto che in genere i tempi di attesa per i colloqui sono di una settimana. La fortuna ha voluto che mi hanno chiamato subito, dicendomi che sarei potuto andare in Ambasciata il giorno stesso o il giorno dopo prima delle dieci. Il 19 ero lì, mi sono messo in fila e visto l’esito della pratica precedente ho portato anche la carta d’identità e il contratto di lavoro di mia moglie, presso una scuola pubblica primaria. Alla fine il funzionario dell’Ufficio immigrazioni non ha prestato molta attenzione alla lettera d’invito, invece mi ha fatto due tre domande su mia moglie e, contro ogni mia aspettativa, ho avuto il visto; infine mi ha comunicato che non sarebbe stato necessario effettuare neanche la spedizione urgente dei documenti, così il 19 alle nove ho ritirato il mio visto. Proprio così, tra mille peripezie alle ore nove, fuso orario UCT +8, avevo il visto in mano.
Steve mi ha aiutato a prenotare un volo per le 12:50, alle 17:00 ero all’aeroporto Tokyo Narita, dove si dice che Feng Zhenghu 冯正虎 abbia stazionato per novanta giorni, portandovi la resistenza contro le demolizioni forzate (1). Alle 18:00 ero già su un altro aerero e dopo un volo di tredici ore sono arrivato a New York alle 18:00 ora locale. Alle 19:00 ero fuori dall’aeroporto, alle 20:00 sono arrivato a casa di Steve, il tempo di posare i bagagli e subito dopo eravamo in metro diretti alla sede del Tribeca Film Festival, dove alle 21:00 è stata proiettata la prima di High Tech, Low Life. Contro ogni mia aspettativa sono arrivato puntuale per la proiezione.
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La realizzazione di documentari fa parte della mia vita dal 2008 e ci sono delle riprese che ho fornito direttamente, come nel caso del report del 2007 sulle demolizioni a Chongqing. Alcune delle migliori scene di quel servizio, che mi ero divertito a girare in prima persona, compaiono anche nel documentario.
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Sulla trama dettagliata del documentario non rivelerò nulla, sappiate che mia moglie vedendolo si è commossa. Ma per la comunità degli internauti cinesi non c’è niente di strano in ciò che è ripreso in questa opera e al suo interno compaiono molte facce conosciute. Con mia sorpresa non c’è però quella di Wen Yunchao 温云超 (2). Il regista ha agito in modo indipendente e il materiale non mi è tornato indietro per essere esaminato. Personalmente avrei preferito che potessero apparire i commenti e gli attacchi che ho ricevuto da Wen Yunchao, tutti sanno quanto siano efficaci scenate così teatrali!
Alla fine della prima mi sono ritrovato con aria ingenua sotto la luce dei riflettori per il momento del domanda e risposta, così ho dovuto vedermela con il mio inglese per rispondere ad alcune domande. Ho persino parlato di Aung San Suu Kyi e dei cinesi Feng Zhenghu e Yu Jie 余杰 (3), delle somiglianze tra i loro casi. Uno straniero mi ha anche chiesto dove è possibile comprare la maglietta con il mio volto ritratto; gli ho risposto che può realizzarla da solo, di sicuro non gli avrei chiesto i diritti d’autore, anzi lo avrei ringraziato per l’aiuto che mi avrebbe dato a farmi pubblicità. Dopo avere affrontato temi impegnati, prima di congedarmi ho preso il microfono e ho richiesto ai presenti di fare delle foto con il cellulare e condividerle nella rete; così sono usciti fuori alcuni feedback la cui raccolta completa è questo link:
Il giorno dopo, al Whitney Museum of American Art, il responsabile del progetto TOR, Jacob Appelbaum (4), si è confrontato davanti a una platea gremita con un vecchio figlio di puttana (Bill Binney, ex NSA) che ha lavorato per quarant’anni all’Ufficio della sicurezza nazionale americano. Hanno parlato di come il governo può controllare le mail dei cittadini americani, le comunicazioni con le banche e gli spostamenti. Hanno parlato di libertà su internet, di tutela della privacy, di misure contro l’analisi del traffico, di wikileaks... Ovviamente stavano promuovendo il Tor, hanno anche trasmesso alcuni video che sostengono come il governo americano avrebbe costruito un centro dati che funge da archivio di tutte le e-mail, delle registrazioni bancarie e degli spostamenti dei cittadini. Quel vecchio naturalmente correva dei rischi parlando di tutto questo; mi sembra che Jacob, alla fine del confronto, ha anche aggiunto che Bill Binney sarebbe potuto rimanere ucciso all’uscita di casa. La mia comprensione dell’inglese non è un granché, così non mi sono concentrato più di tanto nell’ascoltare e mi sono anche appisolato un paio di volte.
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Ieri io e Steve eravamo preoccupati, temiamo di non riuscire a raccogliere abbastanza fondi su kickstarter. Nella speranza che il nostro appello abbia maggiori risultati abbiamo scattato questa foto. Se ti piace aiutaci a diffondere e a condividere questo link
Note al testo
(1) Feng Zhenghu è un economista classe 1954, salito alla ribalta alla metà dello scorso decennio. Dopo una detenzione durata tre anni per frode si impegnò nella resistenza contro le demolizioni forzate delle abitazioni. Nel 2009, per protesta, attirò l’attenzione mediatica internazionale occupando uno spazio dell’aeroporto di Narita per novantadue giorni e rifiutando di rientrare in Cina. Al suo ritorno fu messo agli arresti.
(2) Wen Yunchao è un attivista nato nel 1971 e più conosciuto con il nickname Beifeng. È tra i principali promotori dell’utilizzo della rete in Cina, autore di numerosi report di informazione giornalistica e organizzatore di attività di divulgazione e dibattito su temi sociali.
(3) Yu Jie è uno dei più discussi scrittori e opinionisti nella Cina contemporanea. Nato a Chengdu nel 1973 si è occupato di società, cultura, istruzione, religione e altri temi, proponendosi come una voce critica e a sostegno del valore della libertà. All’inizio del 2012 si è rifugiato negli Stati Uniti dopo aver subito diverse restrizioni.
(4) Jacob Appelbaum, nato nel 1983, è un hacker il cui nome è legato principalmente ai wikileaks. È tra i principali responsabili del progetto Tor (The Onion Router), un sistema di comunicazione anonima per internet che tutelare gli utenti dalle analisi del traffico nella rete nel nome della difesa della privacy degli internauti.
Vignette dal web cinese
In cortile
di zai_jie_tou ( 在_街_头 )Zai Jie Tou: la Cina va fotografata dal basso, o meglio dalla strada
BIAS Pi San 皮三
di Huang Jingyuan ( 黄静远 )Huang Jingyuan e l’arte contemporanea: cartoline da Caochangdi