L’accurata documentazione delle ingiustizie subite da chi non ha voce è un filo che unisce la missione giornalistica di Wang Keqin, votata al recupero e alla divulgazione di quella verità celata da interessi politici ed economici.
La riflessione di Wang Keqin sulla dignità culmina in un’accurata descrizione della professione e dell’ideale del giornalismo. Animato da quello che auto-definisce un “cuore troppo tenero”, Wang è ispirato in prima analisi dal ripristino della giustizia, del vero e della dignità violata. Ai suoi occhi l’essenza del giornalismo è nell’incontro tra impassibilità e coinvolgimento, tra il freddo e analitico distacco emotivo dalla realtà indagata e il fervore che brucia nell’animo di ogni idealista.
La radicale onestà intellettuale professata da Wang Keqin risuona come un appello incredibilmente attuale e privo di confini geografici...
La “dignità” agli occhi di un giornalista (II Parte)
Essendo un giornalista non posso evitare di pronunciarmi sulla dignità di un giornalista.
Prendendo in considerazione la società in ogni sua manifestazione, in questi anni sono aumentati gli episodi in cui i giornalisti hanno subito violazioni dei propri diritti; in particolare, da quest’anno (il 2010, n.d.t.) si sono susseguite notizie di giornalisti arrestati dalla polizia di province diverse da quelle di appartenenza, o ricercati con avvisi diffusi sulla rete; altri reporter sono stati detenuti senza autorizzazione, malmenati e umiliati. Il diritto di informare dei giornalisti, il diritto all’informazione dei cittadini e i diritti civili individuali vengono colpiti a più riprese.
Guardando al mondo dell’informazione ci sono giornalisti che si dedicano interamente alla ricerca della verità e alla denuncia di crimini; ma ci sono anche adulatori, ruffiani, divulgatori di false notizie, o chi addirittura utilizza le notizie come strumento di estorsione o per compiere crimini. Questo tipo di giornalisti che se la fanno con i soldi e con il potere stanno distruggendo con il loro utilitarismo la dignità del giornalismo cinese. Per colpa di queste e altre persone la dignità del giornalismo cinese sta subendo un attacco senza precedenti.
Il giornalismo –per definizione- rivela, rende pubblico, divulga. Al contrario, tutti i crimini evidenziano di base la tendenza a nascondere, bloccare, coprire. Gli uni rivelano gli affari sporchi, gli altri li coprono, generando una contraddizione inconciliabile fra le parti [...]. Questa contraddizione può estendersi fino a livelli critici, perché colui che denuncia può mettere a rischio non solo gli interessi economici di chi compie delle malefatte, ma può minacciarne anche la vita, generando una battaglia per la vita e la morte.
Una denuncia giornalistica conduce sempre a dei contrattacchi, sia essa contro un individuo o contro una cricca di interessi. Il giornalista è come un pedone di una scacchiera, è facile che sia il primo a essere mangiato. Eppure ritengo che la dignità di un giornalista stia nel riportare tutta la realtà, fedelmente e con sincerità.
L’onore di chi fa il giornalista è nella registrazione fedele e dettagliata di ciò che sta accadendo nella società e nella Storia che si sta compiendo intorno a lui. È nella divulgazione continua dei problemi e delle strozzature che rimangono insolute nel corso storico. È nel riportare approfonditamente l’abuso nella politica e nella società; in questo senso la forza dell’informazione spinge verso il progresso sociale e la civiltà. Anche quando l’ambiente esterno è ostile, la missione del giornalista è sempre quella di andare avanti e tenere duro senza fermarsi, fino ad arrivare al suo obiettivo. Un giornalista deve sforzarsi di:
Primo: tenere a mente gli ideali. Operare per la felicità, i diritti e la dignità di sempre più persone comuni, questo è l’obiettivo ultimo del giornalismo. Un buon giornalista deve considerare come valori di riferimento della sua professione l’assistenza alle masse, il pensiero critico, un sistema di vedute indipendente, il principio “trattare gli uomini come tali” e altri valori di base, verso cui procedere senza interruzione. È proprio come ha detto Qian Gang, il vecchio vice direttore editoriale del Nanfang Zhoumo: «Il lavoro del giornalista è una causa a cui persone vivide aderiscono con stretto rigore, la lucida missione intrapresa da persone passionali, il duro lavoro manuale a cui si devolvono i romantici».
Secondo: guardare dritti al reale. La realtà è complessa, non esime da falsità e inganni. In un mondo sottosopra, il giornalista deve sapere districare relazioni complicate, spogliarsi di pregiudizi radicati, lavorare mettendo in mostra coraggio. Specialmente i giornalisti giovani devono dubitare di fronte alla complessità della società, devono fare attenzione a non rimanerne feriti o almeno a limitare le ferite; contemporaneamente non devono lasciarsi ingannare da chi è coinvolto, per non divenirne uno strumento e prendersi così gioco dell’intera società e della massa.
Terzo: aderire allo stato di diritto. Lo scopo che perseguiamo è l’edificazione di una società che aderisce allo stato di diritto. Il contenuto dei nostri servizi è volto alla tutela dei diritti civili e del diritto pubblico. Per questo motivo lo stato di diritto per noi non è solo un’aspirazione, ma anche uno stile di lavoro e di vita, nel senso che rappresenta un’arma per tutelare i diritti sul lavoro e la sicurezza delle persone. Perciò, per essere un giornalista occorre aderire e realizzare lo stato di diritto.
Quarto: conoscere il lavoro. Gli scambi professionali tra me e altri autori di notevoli inchieste denotano una conoscenza di base del mestiere; i risultati che raggiungiamo non sono affatto legati a quanto fegato abbiamo ma agli sforzi impiegati per lavorare in modo più specialistico. L’audacia viene dall’abilità professionale. I giornalisti di professione devono a tutti i costi realizzare le proprie competenze specialistiche. Se si prende come modello la devozione professionale “made in Germania”, l’essenza del lavoro di giornalista è nel lavoro di verifica. Dunque quando si fanno interviste bisogna essere solidi, rigorosi e meticolosi, occorre per forza osservare fatti, prove e persone. Nella scrittura bisogna trasformarsi in robot, adottare un tono rigido, spoglio, oggettivo e distaccato per lasciare emergere i fatti, evitare qualsiasi pregiudizio e inclinazione, lasciare da parte la letteratura e i commenti personali.
Quinto: essere severi con se stessi. Ogni giornalista deve pretendere da se stesso aderenza stretta alle leggi e agli standard e alle teorie della professione giornalistica. Perlomeno non deve usare il proprio lavoro a scopi commerciali, non deve mentire, né diffondere false notizie. Un vero giornalista non compone mai notizie, né tanto meno può essere un megafono di menzogne.
Dunque tutta la dignità di un giornalista è nell’accuratezza della realtà riposta nelle notizie o in un reportage. Fatti e realtà all’interno di inchieste sincere, l’onore di un giornalista è tutto qui.
A questo proposito mi torna in mente una frase che ho detto quest’anno dopo avere riportato lo scandalo delle vaccinazioni nello Shanxi (1), nel momento in cui mi sono trovato a dover fronteggiare pesanti pressioni: «Io sono un giornalista di professione e l’onore più alto di un professionista è nell’accuratezza della realtà contenuta in ogni parola e in ogni fatto riportato, l’onore di un giornalista è proprio questo!».
Un giornalista è sempre responsabile della realtà dei fatti. Avere la responsabilità dei fatti significa avere responsabilità nei confronti del popolo. Solo procedendo sempre verso i diritti civili e l’interesse pubblico, solo realizzando sempre pezzi onesti, completi e accurati un giornalistà avrà dignità e onore.
(1) All’inizio del 2010 Wang Keqin rese pubblico sulle pagine dello Zhongguo jingji shibao 中国经济时报 lo scandalo della distribuzione di vaccini nocivi nella provincia dello Shanxi, che portarono alla morte e al ferimento di decine di bambini. All’epoca il caso richiamò alla memoria lo scandalo del latte alla melanina del 2008. Nonostante la documentazione procurata, Wang Keqin si scontrò durante le indagini contro le autorità locali dello Shanxi e l’inchiesta determinò l’allontanamento di Bao Yueyang 包月阳, l’allora direttore editoriale dello Zhongguo jingji shibao, reo di avere difeso l’articolo di Wang.
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