C'è chi dice che i cinesi non sono adatti alla democrazia, chi che non sono educati. C'è anche chi dice che tutto questo è una menzogna. E c'è pure chi sostiene che, quella percorsa in questi tempi, sia una via graduale verso la democrazia.
Che la democrazia cinese, oltre al titolo di un famoso disco, sia un argomento di dibattito, interno ed esterno, è indiscusso. E probabilmente è anche il sogno di molti, laggiù.
Nel settembre scorso (2011), su Weibo, si sono alternate le campagne elettorali dei candidati in centoquaranta caratteri: quelli a livello locale, il più basso del governo in Cina, sono rappresentanti scelti con elezione diretta. Poi i commenti e le sensazioni degli elettori, chiamati una volta ogni cinque anni a partecipare alla scelta: alcuni orgogliosi di esprimere la propria preferenza, altri sorpresi a ricoprire una parte in quello che sembra un gioco di ruolo .
In novembre infine si sono tenute le votazioni con lo special guest, il popolo. Molto si è scritto, in particolar modo sul grande numero di candidati indipendenti apparsi quest'anno in tutto il paese, insieme a molte storie di sparizioni e alcune di vittorie.
In quel periodo, nelle bacheche delle università o in quelle dei quartieri (foto), sono apparsi colorati manifesti che invitano i cittadini a registrarsi spontaneamente per le votazioni e a scegliere i propri rappresentanti alla Renda – Congresso del Popolo cinese, ovvero l'organo che fa le veci del parlamento. Proprio come se ci fosse un governo democratico.
Il post di Rose Luqiu, del 17 novembre 2011, è un appello alla responsabilità dell'elettore in questo che lei definisce un fenomeno.
Votare
Qualche settimana fa, ho ricevuto a casa la scheda elettorale inviata dal governo, oltre alle presentazioni dei tre candidati per la mia circoscrizione. Sebbene le loro foto e i loro manifesti fossero già ad ogni angolo della strada, avere tra le mani queste presentazioni mi ha fatto sedere con calma, cercare altre informazioni su internet e infine decidere a chi dare il mio voto.
Questa volta tra i candidati c'era Xin Miankong, un giovane professionista i cui cartelloni pubblicitari sono molto diretti: "giovinezza è forza". Il suo principale oppositore è un anziano coinvolto da tempo in politica, ovviamente il personaggio più influente della zona, con alle spalle una vita trascorsa nei villaggi dove hanno le sedi i governi locali.
Alla fine, Xin Miankong ha vinto. Il mio voto non è certo stato quello decisivo, ma di sicuro è stato utile per la sua vincita.
Anche se sono state elezioni per i rappresentanti a livello locale, sono sempre di più le persone che, come me, vengono da dalle campagne e si trasferiscono qui [in città].
Per le elezioni dei loro rappresentanti, questi fanno più attenzione alla professionalità, all'età e all'indipendenza (dal Pcc).
Quando ho saputo che il mio voto aveva supportato questo nuovo candidato nella corsa elettorale, stavo a Pechino, all'università Qinghua e stavo aspettando per un'intervista.
Per caso questo era anche il giorno in cui i cittadini della circoscrizione di Haidian a Pechino stavano votando per i propri rappresentanti per il Congresso del Popolo, perciò la hall del palazzo era stata trasformata in un seggio elettorale. Era simile a quella di Hong Kong. C'erano le cabine, dopo aver votato la gente metteva il proprio voto segreto nell'urna.
La differenze che ho notato sta nelle lamentele della gente a Pechino, perché non conosceva affatto i canditati. Non so se non c'erano informazioni su questi o se nessuno aveva pensato di andarsele a cercare per capire chi erano le persone che si erano presentate a queste elezioni.
Nel primo caso, queste elezioni avrebbero ovviamente dei problemi i cui effetti pesano sul diritto di conoscenza degli elettori, [oltre a] rappresentare una svalutazione degli stessi votanti.
Se però si fosse verificato il secondo caso, allora quegli elettori non dovrebbero fare un po di introspezione? E in questo modo, nel momento in cui ci si lamenta di elezioni non eque, non si offende il proprio compito di elettore nel non tentare di capire i candidati?
Se non si è soddisfatti di nessun candidato, si può fare una croce o scrivere comunque nella scheda di voto il nome del candidato voluto. Ricordo le elezioni generali al congresso [per la scelta del premier] del 2008, quando ci sono state delle schede con nomi diversi da quelli dei candidati, scritti dai rappresentanti presso il congresso. Agli scrutini ne hanno riso tutti, ma in fondo questo è il diritto dei votanti e l'espressione, in una certa forma, della propria posizione.
Queste volta, a Hong Kong hanno stravinto i politici di sempre perché, si dice, hanno il favore e l'appoggio dei commercianti e degli organi di investimento continentali (quelli spesso finanziati governo di Pechino, ndr), il che permette la buona riuscita del loro operato. C'è anche chi pensa che questo dimostra quanto siano limitati gli hongkonghini, il loro cuore lo si conquista con poco.
Le elezioni però sono così, oltre le regole ci sono i costi da affrontare; in moneta o in sforzo fisico, sono uguali per tutti. Gli elettori vedono solo le cose buone: è un fenomeno sociale questo, che dobbiamo accettare e poi capire che bisogna cambiarlo in favore dell'urgente miglioramento della coscienza civica, direttamente proporzionale alla qualità delle elezioni.
La chiave è normalizzare le elezioni. Una volta iniziato, dopo il riconoscimento generale di tali regole, [il fenomeno appena citato] cambierà naturalmente, anche se le regole vanno a limitare e "aiutare" gli interessi dell'una o dell'altra parte.
Sono quelli che pensano che le elezioni sono false e non vogliono partecipare, quelli che non esercitano il proprio diritto. Se lamentassero che le elezioni non hanno senso, allora dovrebbero [loro prima degli altri] assumersi le proprie responsabilità.
Tradotto da
Tania Di Muzio, 02 Aprile 2012
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