Un mondo più aperto



Nel 2010 Murong Xuecun vince il Premio speciale di Letteratura del popolo 人民文学奖 per la sua ultima opera di non-fiction, Alla Cina manca un rimedio (中国,少了一味药 Zhongguo, shao le yi wei yao), in cui racconta i ventitre giorni da infiltrato in una organizzazione di marketing piramidale. Il libro è stato inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista Letteratura del popolo 人民文学 e i fatti riportanti da importanti testate giornalistiche.

Per la cerimonia di premiazione a Pechino, Murong scrive un violento discorso di ringraziamento in cui descrive l’iter censorio vissuto per la pubblicazione del libro. Il testo è incentrato sulla condizioni degli scrittori e della censura in Cina; Murong si definisce ‘un eunuco preventivo’, castrato nella scrittura.

In quell’occasione gli fu proibito leggere il discorso in pubblico; sul palco Murong fa segno di tapparsi la bocca e lascia la platea senza pronunciare una parola. Pubblica quindi il discorso sul suo blog.

Ho fatto solo quello che un comune cittadino dovrebbe fare: riportare un crimine. Ben lontano dal vero coraggio. Questo po’ di coraggio non merita encomi, sono un codardo. Le parole che esprimo sono prudenti; critico ciò che è permesso criticare.

Il manoscritto era già pronto, ma la pubblicazione continuava ad essere posticipata. Il motivo principale è che mi sono imbattuto in un editore particolare. In quasi due mesi, tra di noi sono successe singolari battaglie, lanci di bicchieri e imprecazioni. Una volta sono arrivato a colpire con violenza il muro di casa. Alla fine mi sono arreso.

L'editore in questione è un tipo cauto. […] Stando a lui, questo libro era meglio non pubblicarlo: sarebbe stato il massimo della cautela. Se costretto, la cosa migliore era non parlare di fatti veri, perché verità significa pericolo. Se proprio non potevo fare a meno di raccontare la verità, dovevo tenere a mente che non si può pubblicare alcuna opinione o sarei stato un elemento pericoloso. Non condivido le sue idee, ma per quanto ne so, lui non rappresenta l’unico caso.

Il libro è l'annotazione delle mie esperienze in un’organizzazione di marketing piramidale. Nel gruppo c'è un modo di dire: investi 3800 e entro due anni puoi guadagnare cinque milioni. Per questo avevo scritto:

Ho fatto un calcolo rapido. Nel nostro 'sistema' ci sono quasi duecento persone. Ognuno che guadagna cinque milioni, significa quasi un miliardo. Le possibilità di profitto sono equivalenti ad una filiale regionale della China Mobile. Se sette milioni di persone riescono a guadagnare così tanto, significherebbe 35 mila milioni: molto più del pil del 2008. Con l’incremento di questa tendenza, raggiungere il Giappone e superare l’America diventa cosa realizzabile in un attimo. Nel giro di pochi minuti la mia amata Cina potrebbe dominare il mondo intero. Come disse Mencio, si potrebbe “respingere gli scudi e le spade di Qin e Chu armati di soli bastoni”. Se schierassimo sette milioni di contadini cinesi affamati armati di un bastone, potrebbero abbattere le opportunità celate dell’imperialismo. Non servirebbe più sviluppare l’industria, l’agricoltura, né tanto meno addestrare un esercito.

L’editore ha eliminato tutte le parole dopo “raggiungere il Giappone e superare l’America”. Gli ho chiesto perché, mi ha risposto che erano troppo sensibili. Gli dico: sono parole che capiscono anche gli stupidi: non è ironia? Cosa c’è di sensibile? L’editore mi risponde che neanche l’ironia va bene, devo cambiare. Va bene, visto che un'ironia caustica non è possibile, procedo a una satira più morbida. Dice: 'la mia amata Cina potrebbe dominare il mondo intero’ è sensibile. Va bene. Capisco, elimino. Anche ‘contadini cinesi’ è sensibile. Questo non riuscivo a capirlo: cosa c'è di sensibile in una parola neutra? L'editore risponde: i due caratteri di “contadini” hanno un senso dispregiativo. Va bene, faccio finta di capire e lo cambio in “venditori”; anche “le opportunità celate dell’imperialismo” è sensibile, perché implica questioni militari. Chiedo di illuminarmi: in libreria ci sono tanti libri che parlano apertamente di questioni militari e possono essere pubblicati. Perché se io 'sottintendo' non va bene? Mi risponde: di ciò non si discute: va cambiato. Ma questa è la parola centrale, non c'è niente da cambiare, posso solo cancellare tutto. Alla fine ho modificato così:

Basterebbero sette milioni di agenti affamati con un bastoncino di zucchero filato in mano, per sconfiggere la cavalleria mongola di Jin Wushu.

[…] In un altro punto avevo scritto che uno aveva fatto una scoreggia 'dal sapore indiano'. Riconosco che questa è volgarità, ma in ogni caso non nuoce a nessuno. L'editore mi chiede ancora una volta di modificare. Questa volta il problema erano i due caratteri di 'India', e l'editore fu molto duro: è che non puoi tirare scoregge dal sapore indiano! Non scherzo: lui davvero temeva che una cosa così piccola potesse suscitare una disputa diplomatica tra Cina e India!

In un vecchio libro pubblicato nel 2005, e che ha avuto molte ristampe, avevo menzionato un nome geografico: Cina meridionale. Al di là di ogni immaginazione, anche questa parola è diventata sensibile. L'editore mi fa richiesta di modificarla. Motivazione: nelle pubblicazioni ufficiali non ha mai visto questo termine. Non mi trattenni dal considerare: perché una parola che nel 2005 potevo usare, nel 2010 diventa un termine proibito? Poi ho cercato online, e ho scoperto che non solo esiste un Hotel Cina meridionale, c'è anche una rivista "Cina meridionale" e un film che ha vinto il Golden Rooster Award; l'organo di stampa più autorevole della Cina ha più volte usato l'espressione "Cina meridionale". Vi do una buona notizia: questaa volta ho vinto io.

Come potete immaginare, ciò che questo editore ha eliminato non sono solo abitanti dello Henan, contadini, imperialismo e una scoreggia, ma molti altri caratteri, parole, frasi, paragrafi, persino capitoli. Con l'esperienza che mi sono fatto in questi anni nella scrittura e nell’editoria, potrei compilare un "Dizionario delle parole sensibili", in cui far rientrare sistemi, istituzioni, leggi, politica e alcuni sostantivi, verbi, aggettivi, persino numeri particolari.

Tra le altre cose che non si possono menzionare ci sono: tutte le religioni, i nomi di grandi personalità e di nazioni, tra cui ovviamente la Cina, compresi i "cinesi". In molti punti de Alla Cina manca un rimedio, i "cinesi" sono diventati "alcune persone” o addirittura "minoranze". Se critico la cultura tradizionale cinese, l'editore lo modifica in "cultura ufficiale dell'antica Cina". Se commento delle istituzioni attuali, mi viene richiesto di commentare Zhu Yuanzhang (1), Wu Zetian (2) o l'Europa del Medioevo.

Se questo libro verrà pubblicato, è molto probabile che i lettori pensino che l'autore è un malato di mente: sta chiaramente scrivendo di fatti attuali, ma perché torna sempre su Wu Zetian? Giusto, in quest’epoca e in questo posto, scrittura significa disordine mentale. Non sono uno scrittore, sono uno psicopatico.

Sicuramente qualcuno dirà che si tratta di questioni editoriali, che non rappresentano la totalità. Lo riconosco, ma chiedo ancora: per quale motivo? Quale sistema può rendere un editore così sensibile e terrorizzato? E ammettiamo pure che il suo terrore mi contagi: qual è il motivo e il sistema che costringono me - un cittadino rispettoso della legge, uno scrittore - a vivere nel terrore di parlare?

[…] Cose del genere - cancellare alcune parole o sostituirne altre- posso farle anche da solo: si chiama "scrittura castrata". In un certo senso, sono un eunuco. Non solo: un eunuco preventivo. Il chirurgo non ha ancora abbassato il coltello, che mi sono già castrato da solo.

Ho scoperto che al mondo ci sono cose che si possono scrivere, e altre no. Parole che si possono pronunciare, e altre che si possono solo pensare. La nostra lingua madre è costretta alla scissione in due: una è sicura, l'altra è pericolosa; alcune parole sono rivoluzionarie, altre reazionarie; alcune parole sono quelle che usiamo noi, le altre le usano i nemici. Ancor peggio è che non so quali siano legali e quali illegali, quindi spesso mi trovo a essere colpevole, a mia insaputa, del reato di ‘uso improprio delle parole’. […] Sono solo un potenziale ‘criminale delle parole’.

Qualcuno potrebbe dire che tutto ciò non è affatto strano, ma sento che sto per soffocare. […] [Così facendo] non ferisco solo le mie opere, ma anche la nostra lingua. È la nostra lingua madre, la grande lingua cinese, il cinese di Zhuangzi (3), Li Bai (4), Sima Qian (5) e Su Dongpo(6). […] L’unica verità è che non si può dire la verità. L’unica opinione è che non si possono pubblicare opinioni. Non possiamo criticare il sistema o commentare l’attualità, neanche menzionare la lontana Etiopia. A volte non posso evitare di pensare: la Rivoluzione culturale è davvero finita?

[…] C’è chi mi chiede perché scrivo. Rispondo: per un mondo più aperto. Per questo sogno posso anche accettare un mondo senza Barbie, ma è difficile perdonare un mondo che mette la cintura di castità alla Barbie.

[…] Quando l'aria si fa sempre più pesante, quello che dobbiamo fare non è chiudere la bocca e trattenere il respiro, ma agire e costruire la nostra lingua, migliorare la nostra aria. Soprattutto perché è questo il vero coraggio di uno scrittore: solo pronunciando queste parole ho le qualifiche per venire a ritirare il premio.

La letteratura non deve servire la politica. Al contrario, la politica deve fare il possibile per dare delle possibilità alla letteratura.

Se non si può abolire la censura, speriamo che possa allentarsi un po'; se non può essere più rilassata, speriamo almeno che sia più intelligente.

(19 novembre 2010)

(1) Zhu Yuanzhang 朱元璋 (1328-1398), primo imperatore della dinastia Ming; ha regnato col nome di Hongwu. (2) Wu Zetian 武则天 (625-705), prima imperatrice ad aver fondato la propria dinastia, Zhou (3) Zhuangzi 庄子, filosofo considerato tra i fondatori del Taoismo. (4) Li Bai 李白, uno dei più grandi poeti della dinastia Tang (618-907) (5) Sima Qian 司马迁, autore delle Memorie di uno storico 史记, uno dei più grandi storici della Cina antica; ereditò dal padre Sima Tan 司马谈 la carica di Grande Astronomo presso la corte di Wu Di 武帝 (141 a.C. – 87 a.C.) (6) Su Dongpo 苏东坡, poeta della dinastia Song (960 – 1279)



Tradotto da Lucia De Carlo, 29 Marzo 2012
 



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