Essere donna in Cina



La ricerca di Li Yinhe non si limita al tema dell'omosessualità: la sociologa è anche autrice e traduttrice di numerosi testi su questioni di genere e sul ruolo della donna in Cina. Recentemente dal suo blog ha attaccato la proposta di Zhang Xiaomei, rappresentante della Conferenza Politica Consultiva, che invitava le donne cinesi a lasciare il lavoro e tornare a casa. Li Yinhe la definisce “una proposta che intende cancellare i risultati più importanti conseguiti con l’emancipazione femminile: far uscire le donne dalle proprie famiglie e promuovere la loro partecipazione attiva alla forza lavoro”.

Per tentare di approfondire l’impegno e la ricerca portata avanti dalla professoressa Li su questioni di genere, proponiamo degli estratti di due articoli relativi al tema del femminismo in Cina e al problema della prostituzione.

La parola femminismo

Articolo orignale: 为女权主义正名

In Cina il femminismo è sempre stato demonizzato. Tempo fa, nel corso di un convegno letterario all’estero, ogni scrittrice della delegazione cinese chiarì subito di non essere femminista. Perché tale affermazione? I motivi sono vari: alcune intendevano i propri romanzi come normale letteratura, senza bisogno dell’etichetta letteratura femminista; altre forse volevano sottolineare di essere buone mogli e madri, donne normali, né combattenti né lesbiche.

Altre intendevano precisare di non odiare affatto gli uomini. Insomma, qualunque sia la connotazione data al termine ‘femminismo’, la logica sottintesa è una: il femminismo non è una cosa positiva. Nella lingua tradizionale cinese il carattere quan diritto è sempre stato sensibile: che si tratti di diritti umani, diritti delle donne o diritti civili, la parola viene associata facilmente all ’idea di disordini. Quindi coloro che appoggiano il femminismo preferiscono non sottolineare l’aspetto dei diritti (nuquanzhuyi) e ne parlano in termini di ‘ideologia della donna’ (nuxingzhuyi), per renderlo meno aggressivo e conferirgli colore e prudenza.

Ma così non si fa che mentire a se stessi e agli altri, perché per entrambi i termini in occidente, dove ha avuto origine, esiste un’unica parola: femminismo. Il conflitto tra femminismo e società tradizionale cinese è duplice: si tratta contemporaneamente di un conflitto fittizio e autentico. Il primo indica un’idea immaginaria di femminismo, che odia gli uomini e li vede come il nemico; un’idea per cui le femministe sono tutte donne orrende, non sposate, imbruttite da una vita di solitudine. Ciò spiega le ragioni che spingono quelle scrittrici a dare a vedere di esserne estranee. In realtà il femminismo comprende diverse correnti, […] ma nonostante i differenti punti di vista, c’è un tratto comune: l’affermazione della parità tra uomo e donna. In questa accezione, l’ideologia corrente cinese è il femminismo, perché la parità tra uomo e donna è una delle politiche basilari della Cina; in quest’accezione, non solo la maggior parte delle donne cinesi è femminista, lo sono anche la maggior parte degli uomini. Non ce ne dobbiamo vergognare.

A partire dal Movimento del Quattro Maggio (1), è stato un gruppo di uomini a introdurre il pensiero femminista in Cina, sostenendo i diritti delle donne. In seguito col Partito Comunista, la parità tra uomo e donna è sempre stata l’ideologia guida: è una realtà innegabile. Quindi l’ambiguità di alcuni verso il femminismo è fittizia. La Cina ha una storia millenaria di dominio dell’uomo, che spiega il conflitto esistente tra il femminismo e la tradizione cinese.

Per esempio, è ancora percepibile un doppio standard di valutazione dell’uomo e la donna: in privato suscita ammirazione l’orrendo fenomeno per cui un uomo di successo può mantenere una seconda moglie. Anni fa, per risolvere il problema dell’occupazione, un membro della Conferenza Politico Consultiva ha tirato fuori una proposta di legge per invitare le donne a far ritorno alle loro famiglie d’origine. Sono le donne a dover scegliere se lavorare o fare le signore a tempo pieno, non possono essere altri, e ancor meno dei deputati, a decidere che tutto un genere di persone deve tornare a casa.

La Costituzione afferma che i cittadini hanno il diritto di lavorare; le donne sono cittadini, in pieno possesso del diritto di scegliere se lavorare o stare a casa. Chi va a privare le donne di questo diritto, viola la Costituzione e va contro le basi della politica nazionale di parità tra uomo e donna. Questo errore elementare dimostra quanto sia ancora presente l’idea di maschio dominante, che il femminismo è ancora in conflitto reale con lo sciovinismo maschile della vita reale della nostra società.

La Cina deve risolvere il problema della rettificazione del nome femminismo, opporsi allo sciovinismo maschile presente tanto nella nostra vita politica, economica e sociale quanto all’interno del nostro sistema di valori; opporsi alla discriminazione di genere che coinvolge le donne, aumentare il numero di donne all’interno della Conferenza del Popolo e nella forza lavoro. Bisogna altresì aumentare il reddito medio delle donne (attualmente equivale a circa il 70% del livello degli uomini), migliorare lo status della donna all’interno della vita famigliare, realizzare un femminismo che sostenga l’uguaglianza tra uomo e donna, creare un’ideale società femminista di parità.

(25 giugno 2010)

Come affrontare il problema della prostituzione
Articolo originale: 应当怎样看待卖淫这件事


[…] A partire dalle Riforme e Apertura degli anni Ottanta, l’economia ha fatto notevoli progressi, ma la diseguaglianza tra ricchi e poveri è aumentata. […] La gente cominciava a poter mettere da parte dei soldi e a investirli in servizi sessuali.

A domanda corrisponde un’offerta: anziché sconfiggerla, la prostituzione è cresciuta enormemente. Ogni anno si stabiliscono avvisi, leggi e decreti, senza mai riuscire a sconfiggerla. Agitarsi non serve a niente, l’impegno privato neanche: bisogna riconsiderare daccapo tale questione e un modo efficace per risolverla. Prima di tutto analizzando i bisogni. Le richieste di servizi sessuali sono di due tipi: il primo parte da una mancanza, cioè mancanza di un partner, gente senza moglie, poveri e disgraziati di non bella presenza delle città, operai scapoli o operai con la moglie rimasta in campagna, poveri contadini delle campagne. Dato che il rapporto maschi/femmine è di 120 bambini per 100 bambine, una volta che queste generazioni arrivano all’adolescenza, si verifica la situazione per cui centinaia di migliaia di ragazzi non trovano una donna, e diventano una potenziale massa di popolazione che necessita di servizi sessuali; non si può pretendere che migliaia di persone si affidino alla masturbazione per appagare un desiderio sessuale.

Il secondo tipo di bisogno viene da una condizione di benessere: gente insoddisfatta della vita sessuale matrimoniale che si rivolge altrove. Analizziamo quindi l’offerta: anche nell’offerta di servizi sessuali ci sono due tipologie, uno dovuto a una carenza, ed entrano in gioco fattori come la povertà, per cui si assiste all’abuso, alla costrizione e al traffico, quello che Luo Ruiqing (2) definiva donne umiliate e devastate. C’è poi da considerare il benessere: non avendo altri mezzi di sussistenza, piuttosto che un lavoro manuale, c’è chi opta per quello che viene ritenuto un lavoretto leggero dagli alti profitti. Per loro fornire servizi sessuali è un lavoro normale, che non ha niente di umiliante e devastante. Analizzati i rapporti tra domanda e offerta della società dei consumi, ecco chiariti i motivi per cui in trent’anni non siamo riusciti a risolvere il problema della prostituzione.

È impossibile tornare all’ economia pianificata di trenta anni fa, ed è altrettanto impossibile adottare metodi rigidamente proibitivi. I tempi e la società sono cambiati, e se parallelamente non cambiamo anche le politiche per bandire la prostituzione, il fallimento è inevitabile. In una società ideale non esisterebbe la prostituzione, sarebbe una società in cui ogni individuo è libero e indipendente, in cui regna l’uguaglianza tra uomini e donne e tra persona e persona, un mondo in cui i rapporti sessuali dipenderebbero dalla volontà e non sarebbero a pagamento, non ci sarebbe bisogno di offrire servizi sessuali in cambio di buoni per un pasto a lungo termine (facendo da sposa, da seconda moglie, da amante) o a breve termine (facendo la prostituta e venditrice di sesso), il sesso non sarebbe visto come un servizio, si tratterebbe solo di attrazione tra due persone, sarebbe uno scambio reciproco di piacere tra due individui indipendenti su una base di uguaglianza, una ricerca comune di felicità e gioia.

Per risolvere il problema della prostituzione bisogna prendere ad esempio la rivoluzione sessuale occidentale e adottare delle politiche più rilassate nei confronti dei bisogni sessuali individuali. È necessario cancellare le punizioni severe per ogni tipo di bisogno sessuale umano, come l’orgia; cambiare la legge sugli oggetti osceni in un sistema di gestione che li classifichi, perché chi non ha un compagno possa trovare appagamento momentaneo. Bisogna poi diffondere il concetto di parità tra uomo e donna, migliorando il sistema di previdenza sociale che tuteli gli anziani, soprattutto nella campagna, riducendo il desiderio di far nascere dei bambini maschi. Modificare il sistema di sanzioni e rieducazione per le lavoratrici del sesso in politiche sanitarie di cura delle malattie veneree e di assistenza, che forniscano possibilità sociali e opportunità di impiego, per prevenire la diffusione di malattie veneree. È necessario realizzare un sistema contraccettivo totale e un monitoraggio costante, eseguendo dei controlli periodici e punendo chi non usa metodi contraccettivi, per evitare il più possibile la trasmissione di malattie veneree.

Solo così è possibile agire sul lungo periodo.

(16 febbraio 2011)

Tradotto da Lucia De Carlo, 03 Aprile 2011