2014 Mar
04
Gli investimenti per risolvere il problema dell’inquinamento
陶光远:7600亿能否治霾 di
Stampa cinese ( 报章杂志 )
Il governo cinese e il comune di Pechino si propongono un investimento da 760 miliardi di yuan (90 miliardi di euro) per risolvere il problema dell'inquinamento entro il 2017. Basteranno i soldi? Secondo l'esperto Tao Guangyuan, intervistato dalla rivista economica Caixin, più che gli investimenti serve un'idea chiara sul da farsi. L'attenzione, spiega, non dovrebbe essere posta esclusivamente sull’ammontare degli investimenti, ma servirebbe, invece, concentrarsi soprattutto su come ridurre efficacemente l'inquinamento.
In questi giorni, il sindaco di Pechino, Wang Anshun, ha affermato che la città e il governo centrale hanno sottoscritto e firmato un accordo nel quale si impegnano a migliorare la situazione dell’inquinamento atmosferico entro il 2017, investendo una cifra che arriva a 760 miliardi di yuan per ridurre i livelli di PM 2.5. Wang Anshun ha riferito a tal proposito che tempo fa il capo di Stato gli disse scherzando che se questi obiettivi non saranno raggiunti toccherà proprio a lui “pagare il conto”. Secondo il sindaco, vale la pena di spendere 760 miliardi di yuan se porteranno, entro il 2017, un cielo azzurro nonché acqua e terreni non inquinati. Dato che questi elementi sono i mezzi di sostentamento della gente e che il sole, l'aria e l'acqua sono le condizioni di vita fondamentali per la sopravvivenza degli uomini, è su di loro che il governo deve investire.
760 miliardi di yuan sono un ingente investimento per risolvere il problema dell'inquinamento ma, una volta spesi, permetteranno di ottenere i risultati desiderati?
Tao Guangyuan, direttore esecutivo del Centro per la cooperazione sino-tedesca nelle energie rinnovabili, ha affermato che un investimento da 760 miliardi è grandioso, una cosa mai realizzata nella storia dell'umanità. Ma è veramente indispensabile?
Lui sostiene che per risolvere il problema dell'inquinamento atmosferico è necessario, innanzitutto, controllare l’inquinamento legato alla produzione di energia elettrica. La tecnologia che gestisce gli impianti di energia elettrica a carbone è sempre più avanzata. Tuttavia, noi preferiamo dismettere totalmente questi impianti per sostituirli con quelli a gas naturale. Quando, però, il gas naturale non è sufficiente, andiamo in regioni come la Mongolia interna per produrre gas naturale sintetico e l’intero processo - dal trasporto delle strutture, alla costruzione di tutta la filiera produttiva – richiede enormi investimenti.
Tao Guangyuan sostiene che “il rendimento dell'energia prodotta dal gas naturale sintetico è diminuito rispetto agli anni passati e quando la si trasporta e utilizza a Pechino, questa fonte energetica che, almeno dal nome, sembrerebbe molto pulita, si rivela in realtà altamente inquinante. Questo perché il gas naturale sintetico è di per sé un gas serra e il suo processo di produzione provoca un grave inquinamento delle acque della città. Inoltre, le perdite durante il trasporto possono provocare un innalzamento delle emissioni di gas serra che, da un punto di vista della protezione ambientale, ha un impatto terribile”.
“Le centrali elettriche a carbone - prosegue Tao Guangyuan - potrebbero essere bonificate attraverso il miglioramento del metodo di depolverizzazione ad umido. Le tecniche odierne sono altamente avanzate e non sarebbe affatto difficile raggiungere l'obiettivo di una riduzione delle polveri sottili del 70 per cento. Per farlo, sarebbero sufficienti alcune decine di miliardi di yuan di investimento”.
Tao Guangyuan ha aggiunto che, a parte la necessità di abbandonare le piccole caldaie, bisogna tenere sotto costante controllo quelle di grandi dimensioni. La cosa più importante è la gestione e il controllo della combustione del carbone: le emissioni illegali sono la fonte principale di inquinamento ed è quindi fondamentale monitorare le aree circostanti alle centrali.
Un metodo molto efficace utilizzato all’estero consiste nell'affidare a un'agenzia indipendente la certificazione di qualità degli impianti, evitando così possibili episodi di corruzione nel processo di monitoraggio e garantendo la trasparenza nei controlli.
Il denaro è sicuramente un fattore importante, ma bisogna anche chiarire ulteriormente quali siano gli obiettivi per la risoluzione del problema, ribadisce Tao Guangyuan. Lo standard ideale della Cina sarebbe portare le concentrazioni giornaliere di PM 2.5 sotto i 35 microgrammi per ogni metro cubo; in passato, si era detto che, nell’arco di cinque anni, si sarebbe potuto arrivare a 60 microgrammi, ma alle promesse del governo non fanno seguito chiare indicazioni su quali siano gli strumenti concreti per risolvere il problema.
Ridurre la concentrazione di polveri sottili a 35 microgrammi resta comunque un compito arduo, perché i livelli di concentrazione sono piuttosto elevati e la situazione attuale non è affatto rosea.
Tradotto da
Piero Cellarosi, 04 Marzo 2014
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