Lotta alla corruzione sì, ma fatta dal governo


2014 Feb
07

Lotta alla corruzione sì, ma fatta dal governo
只許官方肅貪 不許民間反腐 di Stampa cinese ( 报章杂志 )


Xu Zhiyong, condannato a quattro anni per disturbo dell'ordine pubblico, ha più volte ribadito la necessità della lotta contro la corruzione. Tale obbiettivo, insieme ad altri del Movimento dei nuovi cittadini, è in linea con alcune decisioni del governo, che tuttavia non vuole interferenze dal basso. L'articolo del Mingpao, quotidiano di Hong Kong, spiega tali contraddizioni.

ll 26 gennaio l’attivista Xu Zhiyong, impegnato in battaglie contro la corruzione e fondatore del Movimento dei nuovi cittadini, è stato condannato a quattro anni di reclusione con l’accusa di “disturbo dell’ordine pubblico”. Un verdetto che secondo l’avvocato di Xu “ha distrutto quel poco di dignità che lo stato di diritto aveva in Cina”. La decisione dei giudici dimostra come le autorità considerino una minaccia i movimenti che vengono dal basso e pratichi la tolleranza zero senza fare distinzioni. Il risultato è che creano ancora più confusione in una società molto sfaccettata e allargano il divario tra i cittadini e i governanti.

Un moderato

Tra gli attivisti, Xu Zhiyong è considerato un moderato e da anni porta avanti la sua battaglia per la trasparenza in modo non violento. Con il Movimento dei nuovi cittadini, un’organizzazione informale di lotta per i diritti civili, ha sostenuto il diritto all’istruzione per i figli dei lavoratori immigrati nelle città e ha chiesto di rendere pubblici i redditi dei funzionari. Questi obiettivi coincidono con le decisioni prese dal terzo plenum del Partito comunista sulle riforme come il piano per “promuovere un’istruzione equa e ridurre gradualmente le differenze scolastiche tra zone rurali e città” o come il progetto di rendere pubblici i patrimoni dei funzionari e le informazioni sui loro familiari che vivono all’estero. Ma le autorità non tollerano il Movimento dei nuovi cittadini, dando l’impressione che la lotta contro la corruzione vada bene se è praticata dal governo, ma non se a promuoverla sono i cittadini.

Negli ultimi anni ci sono stati vari esempi di contraddizioni simili. Il caso di Sun Zhigang, un giovane lavoratore migrante morto mentre era in custodia della polizia nel 2003, portò alla riforma del sistema di custodia ed espulsione dalle città. Della vicenda si occupò il Nanfang Dushi Bao, ma in risposta fu rimosso il direttore e fu arrestato l’amministratore delegato. Il vicedirettore di Caijing, Luo Changping, contribuì alla rimozione del vicedirettore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, Liu Tienan, accusato di corruzione, ma perse il suo incarico. Oggi la vicenda di Xu Zhiyong e di altri quattro esponenti del Movimento dei nuovi cittadini sottoposti a giudizio aggiungono dubbi sulla sincerità delle autorità nel seguire la linea che proclamano.

Spesso chi ha il potere sottovaluta le voci che arrivano dal basso considerandole puro brontolio senza capire la spinta riformatirce e l’intelligenza dei cittadini, che anzi sono considerati un ostacolo alle riforme. È l’assurda regola secondo cui il governo può agire senza che il popolo possa dire nulla.

In epoca feudale, era una massima dei governanti dire che si può indurre il popolo a seguire una causa, ma non a comprenderla. Anche al giorno d'oggi chi ha l'autorità spesso considera chiacchiericcio le voci che arrivano dal popolo, senza vedere la forza riformatirce e l'intelligenza dei cittadini. Al contrario sono considerati un ostacolo alla riforme. Si tratta dell'assurda realtà secondo cui il governo può fare e il popolo non può parlare.

Nella pluralità sociale della Cina odierna, con una coscienza civile sempre più matura, sopprimere ciecamente le richieste dal basso, anziché dialogare, si è dimostrato inutile. Ed è la ragione per cui rimangono irrisolti problemi che provocano il malcontento popolare come la corruzione, le carenze nell’istruzione e nella sanità, gli scandali alimentari, l’inquinamento.

L’artefice del sogno cinese

La natura politica del caso di Xu Zhiyong è chiara, anche se le autorità non hanno usato accuse politiche per incarcerarlo, fornendo una scusa a chi è interessato a ostacolare le riforme. È ancora vivo il ricordo di quando il comitato centrale del Partito comunista, nel novembre del 1978, ribaltò il suo parere sull’incidente di Tian’anmen del 5 aprile di due anni prima (le proteste contro la Banda dei quattro durante la  commemorazione di Zhou Enlai che portarono all’arresto di Deng Xiaoping, allora vicepremier, accusato di aver organizzato la manifestazione). Fu il preludio dell’apertura. Per realizzare le riforme di oggi, dobbiamo sperare che chi comanda non crei nuove ingiustizie. Bisogna lasciare che il popolo diventi il vero artefice del sogno cinese.

[pubblicato sul numero 1063 di Internazionale]

Tradotto da Andrea Pira, 07 Febbraio 2014