La febbre speculativa dei beni culturali #2


2013 Nov
05

La febbre speculativa dei beni culturali #2
文物投机高烧不退风险积聚 di Stampa cinese ( 报章杂志 )


Vi proponiamo la seconda parte dell'articolo dell'Economic Information dal titolo La febbre speculativa dei beni culturali

Far si che il collezionismo ritorni alla normalità.

Liu Wenjie sostiene che il collezionismo dovrebbe essere amore per la ricerca. Poiché si verificano atti di speculazione fraudolenta, se si vuole risolvere alla base i problemi dovuti all'eccessiva speculazione bisogna applicare e perfezionare [il sistema] legale e quello di supervisione. Nella fase attuale è fondamentale contenere l'espansione dei fenomeni della produzione, vendita e messa all'asta degli articoli falsi; [bisogna] guidare il collezionismo delle grandi masse al ritorno alla normalità e ripulire il mercato, solo così si incoraggerà uno sviluppo più sano del mercato delle opere d'arte.

Liu Wenjie ha spiegato al giornalista dell'Economic Information che in Cina i periodi di massimo sviluppo del collezionismo sono stati cinque: il primo è stato durante la dinastia dei Song, quando i maggiori collezionisti erano la famiglia imperiale e gli ufficiali governativi. La seconda grande ondata è avvenuta durante la dinastia Ming, quando a collezionare furono soprattutto i commercianti e i letterati. Il terzo momento d'oro è stato durante il regno dell'imperatore Qianlong – che diventò lui stesso il più grande collezionista della storia; in questo periodo importanti collezionisti furono anche i grandi commercianti di sale e i burocrati. Il quarto momento di apice del collezionismo fu raggiunto tra la fine della dinastia Qing e l'instaurazione della Repubblica, mentre il quinto è quello iniziato dal periodo di Riforme e apertura e dura oggi.

Analizzando tali fasi, scopriamo che a collezionare le opere del patrimonio culturale furono sempre persone vicine ai grandi letterati o ai raffinati studiosi appartenenti alle classi più alte della società. L'obiettivo principale dell'atto del collezionare era coltivare il gusto e la conoscenza, tutelare il patrimonio culturale e assimilare la civiltà del passato. Al contrario, le azioni di eccessiva speculazione sulle opere del patrimonio culturale hanno compromesso il sano sviluppo del mercato del collezionismo e hanno provocato un grande allarme per l'assimilazione e lo sviluppo della cultura.

Secondo il sistema informativo sulla gestione del settore delle aste a livello nazionale, lo scorso anno, in Cina, se ne sono svolte 1949. Il loro oggetto sono stati i beni del patrimonio culturale, per un volume d'affari di 57,622 miliardi di yuan, il che dimostra il lieve rallentamento del ritmo di aumento dei prezzi. Da quest'anno, l'intero mercato è in una fase di riaggiustamento, e sono tutti sicuri dell'evidente decrescita. Chen Kelun, vice direttore del Museo di Shanghai è convinto che i dipartimenti ministeriali, le strutture museali e i media dovrebbero condurre gli operatori verso un collezionismo ragionevole che accetti la sua responsabilità sociale per prevenire qualsiasi spinta alla speculazione su tali beni, invece di portare avanti un'eccessiva propaganda sugli aspetti positivi degli investimenti nei beni del patrimonio culturale.

Negli ultimi anni, all'interno della cooperazione tra il Museo di Shanghai e l'emittente televisiva Dong Fang della stessa città, il museo ha fornito all'emittente un supporto qualificato sulle opere d'arte e sui beni culturali per il canale che si occupa di arti e letteratura; le opere non sono mai state valutate in tv, bensì l'enfasi è stata posta sulle connotazioni culturali e sul retroterra storico degli oggetti trattati. In sei anni di trasmissioni si sono ottenuti notevoli risultati [a livello di impatto] sulla società. “Inoltre i musei devono tener lontane le case d'asta e gli antiquari, così come gli esperti d'arte non possono creare gruppi di interesse con questi soggetti. Il Museo di Shanghai vieta ai suoi esperti anche solo di scrivere articoli per le case d'asta e vieta che questi facciano valutazioni a nome personale al di fuori del museo”, ci spiega.

Spesso Zhou Yeyong, un numismatico, ha messo a disposizione di alcuni musei specializzati le monete più preziose della sua collezione – molte di epoca moderna e fabbricate meccanicamente. Ha dichiarato al giornalista dell'Economic Information: “Lo Stato, quando compra beni del patrimonio culturale, fa di tutto per recuperare quelli in possesso delle persone comuni e raramente compra all'asta. Questo anche per non alimentare la febbre speculativa sulle opere d'arte del patrimonio culturale”. Cita poi l'esempio di un anziano del nord-est della Cina, che conservava un famoso dipinto proveniente dalla Città Proibita dell'epoca dell'ultimo imperatore Pu Yi. Costui aveva più volte contattato i dipartimenti interessati per donare il dipinto o per venderlo, ma nessuno aveva accettato la sua proposta. Alla fine quel dipinto è stato messo all'asta a Pechino e un'organizzazione museale statale ha speso più di dieci milioni di yuan per comprarlo. “Comprarlo all'asta a un prezzo tanto elevato [equivale] a incoraggiare oggettivamente le speculazioni sui beni del patrimonio culturale. A esserne danneggiato, in fine dei conti, è il nostro paese!” ha affermato Zhou Yeyong, sconfortato.

Il signor Kou Qin, vice presidente della casa d'asta Guardian in Cina, crede che per collezionare un'opera d'arte bisogna esserne innamorati profondamente. Solo se quest'amore arriva all'estremo il collezionista potrà ritenere di possederla ed essere un vero collezionista. Eppure oggi sono in molti a non provare il minimo amore verso i beni del patrimonio culturale e, per dirla in parole povere, si cerca solo di far soldi velocemente, adottando perfino quelle stesse tecniche che si usano per le speculazioni in borsa, sul mercato immobiliare o sui fondi di riserva che portano all'aumento dei prezzi e alle vendite allo scoperto. Che le opere del patrimonio culturale possano essere una forma di investimento è giusto, ma non bisogna farne un uso improprio: si devono rispettare le norme economiche e anche quelle artistiche.

Xie Chensheng, famoso studioso in materia di beni culturali, è convinto che questi oggetti rappresentano la testimonianza della storia di una nazione e della sua etnia, che sono il veicolo della cultura e che bisogna impedire l'industrializzazione eccessiva di questo settore. Un tempo alle aste partecipavano per lo più i collezionisti, mentre adesso ci sono anche molti personaggi che ci vanno da investitori, arrivano uno dopo l'altro e hanno un forte potere [d'acquisto], ma comprano le opere solo per poterle rivendere, non certo per collezionarle. Si organizzano perfino dei centri di scambio culturale che fanno affari in base alle quotazioni [degli investitori]. Anche delle moderate operazioni di mercato sono necessarie, ma i beni culturali non possono essere assolutamente considerati oggetti su cui speculare per guadagnare. Se lo sviluppo di questo settore proseguisse su questa strada, avrà ripercussioni certamente negative sulla fioritura della cultura.

Autenticazione dei reperti: “Dopo aver preso la lauta ricompensa, gli occhi si incrociano!”

“L'autenticazione verbale di un oggetto costa duecento yuan, mentre ottenere un certificato di autenticità ne costa duemila. Alcuni esperti ne riescono a emetterne più di mille al giorno e si arricchiscono potendo contare sulla vendita di certificati e sulla propria reputazione. Di contro molti collezionisti brancolano ancora nel buio mentre si illudono, con un certificato in mano, di potersi arricchire all'improvviso...” ha raccontato un insider del mondo delle autenticazioni, intervistato dall'Economic Information, nel rivelare alcuni retroscena di questo settore.

Conseguentemente alla crescita ininterrotta della febbre del collezionismo di beni del patrimonio culturale, molti esperti attivi sul mercato delle autenticazioni sono diventati vere e proprie star grazie alle comparse su tv e giornali e le organizzazioni commerciali che si occupano specificatamente di autenticazione dei beni culturali nascono come funghi dopo la pioggia. Allo stesso tempo, in base alle indagini portate avanti dai media, risulta che molti esperti e organizzazioni che si occupano di autenticazioni, nello svolgere le loro funzioni non si assumono nessuna responsabilità. Alcuni non hanno le competenze che millantano, altri esprimono valutazioni ben poco accurate e continuano ad autenticare il falso come vero. In altre parole si arricchiscono attraverso metodi poco onesti, emettendo questo tipo di certificati.

Al ritorno da Jingdezhen, il giornalista ha portato a Pechino una copia di un vaso antico appena fatta. È andato a Liulichang e ha invitato un esperto di un'ente certificatore ad esprimere il suo giudizio. Il signor Ma, era questo il cognome dell'esperto, inaspettatamente, ha concluso che si trattava di un articolo originale dell'epoca Qing. Ha anche scritto un certificato di autenticazione che recita: “Il presente manufatto è un pregiato lavoro rappresentativo del periodo medio dell'epoca Qing, il suo valore quale articolo da collezione è certo”.

Il signor Ma, l'esperto, si è anche vantato dicendogli: “Il mio salario annuo è di seicentomila yuan, se vengo chiamato in altre zone, guadagno fino a ottantamila yuan ogni volta!”. Stando a quanto ci dice il proprietario di questo ente di certificazione, la media giornaliera dei clienti è di almeno venti o trenta [persone]; ce n'è stato uno, proveniente dallo Shandong, che ha richiesto certificati di autenticazione per cinque o seicento dipinti, spendendo in tutto più di un milione di yuan

Con questa indagine in incognito nel campo delle autenticazioni abbiamo scoperto solo la punta dell'iceberg. Attraverso le indagini giornalistiche, abbiamo rivelato che negli ultimi anni, oltre agli esperti privati, a partecipare a qualsiasi tipo di manifestazione incentrato sull'autenticazione di beni culturali ci sono personaggi del settore o esperti in pensione, che lavoravano presso musei o enti culturali pubblici. Anche costoro si prodigano nel rilasciare certificati di autenticazione. L'autore dell'articolo ha trovato tanti certificati di esperti illustri molto conosciuti anche online. Sono in pochi quelli in grado di capirlo, ma la gran parte di questi sono solo per copie di basso livello.

L'enorme arricchimento dei falsi esperti, certificatori del falso.

Un esperto di un ente museale di Pechino ha raccontato al giornalista la storia di un imprenditore del sud che aveva messo insieme alcune migliaia di pezzi di porcellane. Dopo la valutazione di un famoso esperto, le porcellane sono risultate dell'epoca della dinastia Song. Di queste alcune centinaia erano provenienti dalla fornace imperiale e da altre fornaci molto famose come Geyao, Ruyao, Dingyao e Junyao. Attualmente, in tutti i musei del mondo, di porcellane autentiche provenienti dalla fornace Ruyao, ce ne sono meno di un centinaio. Com'è possibile che un tesoro così grande sia comparso nelle mani di un comune collezionista? L'identificazione di queste porcellane offende quanto già comunemente riconosciuto in merito a questi oggetti. L'unica conclusione plausibile è che, all'esperto di turno, dopo aver preso una lauta ricompensa, gli si siano incrociati gli occhi!

Il giornalista dell'Economic Information ha fatto una ricerca libera sui siti web di diversi enti certificatori. Senza troppi sforzi, ha trovato i certificati di autenticazioni sottoscritti da famosi esperti che lavorano presso questo o quel museo nazionale e perfino in quello della Città Proibita. Uno dopo l'altro, si possono sfogliare i certificati dei “tesori nazionali”, dai bronzi degli Shang e dei Zhou, alla giada degli Han, alle ceramiche in tre colori dei Tang, passando per quelle delle fornaci Ruyao – epoca Song – e delle fornaci imperiali – epoche Ming e Qing –, per arrivare ai famosi dipinti di Qi Baishi e Zhang Daqian.

Il responsabile della casa d'asta Huachen, Gan Xuejun, ha più volte affermato pubblicamente che quasi il cento per cento degli articoli da mettere all'asta, corredati dai relativi certificati di autenticazione, sono falsi. Le case d'asta serie non avallerebbero mai questi certificati firmati dai cosiddetti esperti!

Ci sono solo due casi in cui gli esperti non si assumono la responsabilità delle autenticazioni. Si tratta di persone il cui livello, la capacità di giudizio e le competenze sono molto bassi, che cercano solo di guadagnare un po' di soldi, oppure si tratta di persone che certificano il falso per ottenere i benefici economici che gli si prospettano davanti agli occhi e agiscono mettendo da parte la propria coscienza.

Alcuni operatori del settore, hanno confidato al giornalista le loro preoccupazioni. Finché, per questioni di competenza, un falso viene certificato come originale e come tale viene tutelato dal collezionista nel tempo, anche una volta appurato che si tratta di una mera copia, non è un gran problema. Ma se invece un oggetto autentico viene ritenuto erroneamente un falso, allora il collezionista non ne avrebbe cura e questo equivarrebbe a distruggere un bene del patrimonio culturale. L'esperto, in questo caso, sarebbe un vero bandito.

Il signor Zhang Yunmin, un collezionista tra i più esperti dell'Associazione dei collezionisti della città di Shenyang, introdotto nel settore da più di trent'anni, ha una profonda esperienza degli antichi manufatti in porcellana. Secondo lui: “nei programmi televisivi incentrati sulla stima dei reperti di valore spesso si possono vedere degli specialisti che per errore, valutano come falsi alcuni reperti autentici mentre assicurano l'originalità di oggetti nuovi. A causa della disonestà e delle superficiali perizie fatte irresponsabilmente da questi esperti, gli standard di valutazione piombano nel caos, lasciando nella confusione i collezionisti. La cosa più grave è che alcuni di questi esperti potrebbero anche assumere l'incarico di autenticare le collezioni e i beni culturali delle organizzazioni museali statali. Quest'ultimi ogni anno spendono cifre astronomiche per acquistare manufatti e opere d'arte, ma non sono più in grado di assicurarne l'autenticità, ovvero di garantire che sono oggetti che hanno superato l'esame della storia: ciò desta certamente molte preoccupazioni”.

Lo stimato artista e collezionista Liu Wenjie afferma senza mezzi termini: “Negli ultimi anni, le strutture e i musei statali hanno acquistato all'asta oggetti dal prezzo molto alto, ma alcuni hanno avuto gravi problemi. Ad esempio nel 2003 un museo statale ha speso più di venti milioni di yuan per aggiudicarsi un'antica calligrafia, che secondo alcuni è invece un'imitazione posteriore. Al tempo, il fatto ha scatenato un forte dibattito perché con quei soldi si potevano comprare molte opere di valori e beni culturali. Fu davvero un enorme spreco di denaro pubblico!”.

Il numismatico Zhou Yeyong, appassionato di monete d'argento, durante le sue ricerche sui meccanismi per fabbricare monete ha scoperto che un museo teneva in esposizione delle copie, certificate ed esposte come originali. Lui stesso ha fatto più volte rapporto alle autorità competenti, e alla fine ha ottenuto la dismissione delle copie. Allora anche il responsabile del museo fu allontanato.

L'appello interno per istituire un sistema di valutazione che sia anche di responsabilità.

Chen Kelun, vice-direttore del museo di Shanghai, già membro della Commissione Nazionale per le autenticazioni dei beni del patrimonio culturale, denuncia che a causa del vuoto esistente nel controllo delle autenticazioni sui beni culturali, che dovrebbe essere esercitata da parte delle autorità competenti, i certificati sono ormai emessi ovunque: basta esser stato una volta in tv, sfruttare il potere della propaganda mediatica, oppure appuntarsi sulla giacca l'emblema di un'ente museale per esser chiamato “stimatore esperto” e così organizzare eventi a tema secondo il proprio piacere. In questo modo andremo di certo incontro a enormi problemi! Chen Kelun ritiene anche che le valutazioni superficiali esistono perché non è [prevista] l'assunzione della responsabilità legale; bisogna disporre un regolamento in merito alle valutazioni e implementare un sistema che preveda la responsabilità per le certificazioni. Solo così certe persone si sentirebbero interdette a parlare con leggerezza.

Attraverso l'indagine portata avanti dall'Economic Information è risultato che negli ultimi anni in molte città cinesi sono sorti enti certificatori privati, media e organizzazioni impegnate continuamente a programmare manifestazioni incentrate sull'autenticazione di beni culturali verso le quali il controllo da parte del governo è praticamente nullo. Gli enti certificatori ottengono la licenza commerciale, ma i dipartimenti competenti in materia di beni culturali non hanno l'autorizzazione a sovrintendere alle operazioni di verifica su queste organizzazioni. Così, la licenza è stata rilasciata da dipartimenti che non sono di certo in grado di accertare le doti e le competenze in merito alle valutazioni fatte dell'ente o della persona, né se ne  possono assumere la responsabilità.

È assolutamente necessario, oggi, applicare un sistema di norme più severo, in particolare verso gli operatori degli enti coinvolti nelle procedure di autenticazione dei beni culturali. Yang Jingrong, un esperto in pensione del museo della Città proibita, ha partecipato a vari programmi televisivi e ha perfino accettato alcuni incarichi da parte di enti certificatori privati. Con i clienti mette in chiaro che si dedica alle autenticazioni solo per guadagnare! Il museo della Città proibita si è detto estraneo a ciò attraverso una “Dichiarazione di esonero di responsabilità”, ma non ha ancora vietato ai suoi esperti di fare autenticazioni a nome personale. Su questi servizi “privati” il museo della Città proibita non si ritiene responsabile, il che equivale a non essere in grado di controllare l'ambito delle autenticazioni.

Liu Wenjie è convinto che sia necessario  ristabilire e perfezionare il sistema degli esperti in autenticazione e normalizzare i parametri relativi. I musei sono collezionisti, non enti di autenticazione; le loro competenze non includono necessariamente quelle di un esperto per le autenticazioni, infatti errori di valutazione molto gravi sono anche stati fatti da alcuni esperti dei musei. Per questo è necessario predisporre delle verifiche che si basino sulle competenze pratiche.

Collezionisti comuni come Zhang Yunmin, oppure Qiu Xiaojun, membro del gruppo di esperti del programma della Cctv che tratta di autenticazioni e altre persone del settore sono convinte che la Cina dovrebbe predisporre un sistema per valutare oggettivamente le competenze delle persone coinvolte con le autenticazioni, fare loro degli esami pratici, mischiando ad esempio reperti autentici e quelli falsi. Si dovrebbero selezionare i migliori talenti in base a presupposti di imparzialità. Così, in modo naturale, verranno eliminati i falsi esperti per lasciare spazio a quelli realmente validi.