Tre fattori di squilibrio dell’economia cinese


2013 Giu
11

Tre fattori di squilibrio dell’economia cinese
中国经济三大失衡 di Xiang Songzuo ( 向松祚 )


Xiang Songzuo analizza le forti differenze esistenti, in termini di risultati, tra economia reale e sistema finanziario della Cina, evidenziando quelli che sono i tre principali fattori di squilibrio che potrebbero, a suo avviso, innescare una crisi finanziaria qualora non fossero affrontati opportunamente.



Analizzando i dati economici del primo trimestre da una prospettiva finanziaria, è possibile osservare un graduale peggioramento dei tre principali fattori che determinano lo squilibrio dell'economia cinese. Per prima cosa emerge una maggiore differenza tra economia reale ed economia finanziaria.

Nel primo semestre la M2 [liquidità secondaria; ndt] è cresciuta del 15,7 per cento, il credito del 14,9 per cento; l’aumento netto della M2 è stato di 6.195,12 miliardi di yuan, pari ad una crescita su base annua del 40.88 per cento; il rapporto tra M2 e Pil ha superato il 200 per cento.

Il capitale finanziario totale [total social financing] è cresciuto di 6147,9 miliardi di yuan, pari ad una crescita su base annua del 58,09 per cento. Nello stesso periodo, il Pil è cresciuto del 7,7 per cento, i consumi del 12,6 per cento, le esportazioni dell'8,4 per cento.

La crescita del valore aggiunto industriale è stata pari al 9,5 per cento, perdendo 2,1 punti percentuale rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La crescita dei profitti delle imprese è stata del 17,2 per cento su base annua, ma questo soprattutto perché nello stesso periodo dello scorso anno era calata del 5,2 per cento. Le entrate fiscali sono cresciute del 6,8 per cento; il reddito medio di cui dispongono i residenti urbani è cresciuto, al netto delle imposte, del 6,7 per cento.Tale crescita è stata in media molto più lenta rispetto a quella dei vari indici finanziari e monetari.

Contemporaneamente, prendendo il settore immobiliare come indicatore indiretto del  mercato dei capitali, il volume degli affari conclusi e i prezzi hanno continuato a salire, con la regolamentazione e il controllo macroeconomico che si sono rivelati ancora una volta non in grado di tenere a freno la tendenza al rialzo. La vendita di immobili commerciali è cresciuta su base annua del 61,3 per cento, con la velocità di crescita che ha subito una accelerazione rispetto all'anno scorso di 51,3 punti percentuale.

Il prezzo delle nuove case e di quelle di seconda mano è aumentato. Anche gli investimenti nel settore immobiliare hanno subito una accelerazione rispetto all'anno scorso, pari a 4,0 punti percentuale.

L'economia finanziaria è particolarmente fiorente, mentre quella reale è al contrario in declino. Non ci sono stati miglioramenti per quel che concerne gli eccessi di produzione nel settore manifatturiero; lo sfruttamento della capacità produttiva di importanti industrie manifatturiere - come i settori dell’acciaio, cemento, auto, elettricità, macchinari, chimico e navale - non arriva al 70 per cento. Le vendite di molte imprese vanno a rilento, la loro gestione è problematica, la capacità di fare profitti è ridotta. Prendendo come esempio il settore metallurgico, il profitto del 2012 ha registrato una crescita complessiva negativa, con l'industria dell'estrazione e quella della fusione che hanno subito rallentamenti, rispettivamente, pari all'1,02 per cento e al 37,34 per cento. E' possibile individuare tre cause principali alla base delle opposte tendenze e prestazioni che si riscontrano nell’economia reale e in quella finanziaria. La prima è che la politica di allentamento monetario provoca un eccesso di liquidità, che inevitabilmente confluisce nel mercato dei capitali alimentando la speculazione.

A partire dal 2009, l'offerta complessiva di M2 è cresciuta in maniera rapida e costante. Nel 2008 la M2 non arrivava nemmeno a 50 mila miliardi, mentre oggi ha raggiunto i 103 mila miliardi, più che raddoppiando nel giro di soli cinque anni. La rapida crescita dei prezzi del settore immobiliare è principalmente dovuta alla quantità eccessiva di liquidità [in circolazione].

La seconda causa è l'apprezzamento unilaterale del rmb: il denaro speculativo internazionale ha sfruttato la crescita del tasso di cambio per condurre operazioni di arbitraggio [acquistare un prodotto su un mercato per venderlo su un altro, sfruttando così la differenza di prezzo, ndr] senza rischi, intensificando ulteriormente l'eccesso di liquidità sul mercato interno, stimolando la crescita dei prezzi degli asset. Nel primo trimestre le riserve di moneta straniera della Cina sono aumentate di 130 miliardi di dollari; di questi, 43 miliardi di dollari corrispondono al saldo della bilancia commerciale, 29,9 miliardi di dollari corrispondono agli investimenti diretti esteri.

Dei restanti 60 miliardi di dollari non è possibile determinare l’origine, ma almeno una parte di essi
è composta da denaro speculativo. E’ inoltre plausibile supporre che dietro ai dati della bilancia
commerciale e delle esportazioni si nasconda una parte di denaro derivante da arbitraggio.
La terza causa è da ricercarsi nell'eccesso di capacità produttiva di molti settori dell'economia
reale, che costringe le imprese ad investire capitali nel settore immobiliare ed in quello finanziario,
per ottenere rendimenti di gran lunga superiori rispetto a quelli che potrebbero ottenere nell'economia reale. Ad esempio, a gennaio e febbraio, il margine di profitto del core business delle imprese del settore manifatturiero a livello nazionale è stato pari solo al 5,18 per cento, mentre molti city investment bond e prodotti finanziari garantiscono rendimenti annuali pari come minimo al 7 per cento. I rendimenti di alcuni prodotti sono addirittura pari o superiori al 15 per cento. Di conseguenza in molti sono incentivati ad abbandonare l'economia reale per passare alla speculazione finanziaria.

Inoltre, il sistema finanziario domestico è sbilanciato. Da un lato i vari indicatori finanziari e monetari sono cresciuti rapidamente, i nuovi crediti hanno superato annualmente gli 8mila miliardi ed il tasso di interesse ufficiale è continuato a scendere; dall'altro, però, le piccole medie e micro imprese incontrano sempre maggiori difficoltà ad avere accesso al capitale finanziario, che risulta essere sempre più caro per loro, perché i tassi di interesse reali che pagano sono di fatto sempre più elevati.

In molti si chiedono: ma i soldi che fine fanno? Dove finiscono i nuovi crediti?
In realtà, al denaro prestato corrisponde, all’interno del sistema finanziario, una parte di denaro non utilizzato. Il credito genera depositi, i depositi generano credito. Le istituzioni finanziare
emettono e ricevono reciprocamente prestiti a breve a termine, acquistano l’una dall’altra
prodotti finanziari, conducono operazioni di arbitraggio più o meno rischiose. A questa attività
frenetica prendono parte anche le grandi imprese statali, che finiscono per diventare “speculatori
secondari”.  Il settore finanziario è sempre più fiorente, la dimensione delle risorse finanziarie è
sempre più grande (le risorse finanziare complessive del sistema bancario hanno già superato i 130 mila miliardi). Ma in fondo, questa è la natura stessa della finanza, che è un sistema che si autoalimenta [il denaro circola al suo interno ed i profitti rimangono all’interno del sistema stesso] e che non è completamente connesso con quella che è la situazione dell’economia reale.


Infine, il tasso di indebitamento complessivo del sistema economico è sempre più elevato, la leva
finanziaria è sempre più alta. Quando le fondamenta [di una struttura] non sono sufficientemente
profonde e la sua parte superiore è più pesante rispetto alla sua base d’appoggio, prima o poi
arriverà il giorno in cui [questa] crollerà. Secondo i più pessimisti, il debito complessivo del
governo è superiore a 60 mila miliardi di yuan, pari al 117 per cento del Pil. Secondo stime più
ottimistiche, il debito sarebbe di poco inferiore a 30 mila miliardi di yuan, circa il 60 per cento del
Pil. Il tasso di indebitamento delle imprese è ancora più elevato. Un tasso di indebitamento sempre più elevato, a fronte di una capacità di fare profitti in continuo declino, va inevitabilmente a pesare sull'economia reale, ponendo le basi per una crisi finanziaria.

Tradotto da Piero Cellarosi, 11 Giugno 2013
 



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