L’urbanizzazione non è una panacea


2013 Mag
28

L’urbanizzazione non è una panacea
城镇化不是神话 di Zhang Ming ( 张明 )


Se la leadership cinese sottolinea l'importanza dell'urbanizzazione come traino dell'economia nazionale, l'economista Zhang Ming critica invece l'eccesiva enfasi al fenomeno ed espone i rischi che l'urbanizzazione comporta per la crescita sociale del paese.

L’urbanizzazione sembra essere diventata la strategia principale del governo per promuovere lo sviluppo economico. Stando alle dichiarazioni ufficiali, si ha quasi l’impressione che sia possibile raggiungere qualsiasi obiettivo economico - migliorare lo stipendio dei cittadini, stimolare il consumo interno, ridurre gli investimenti, assorbire gli eccessi di produzione, etc… -  grazie all’urbanizzazione. Io ritengo invece che non si debbano avere così tante aspettative nei confronti dell’urbanizzazione. Non rappresenta affatto una soluzione per uscire dalla trappola del reddito medio, ma, al contrario, c’è il rischio che possa innescare l’ennesima corsa folle agli investimenti da parte dei governi locali.

Per prima cosa bisognerebbe interrogarsi su cosa sia effettivamente l’urbanizzazione: rappresenta un fine o un mezzo? Da quanto mi risulta, nella maggior parte dei paesi sviluppati, l’urbanizzazione è un risultato dell’industrializzazione e della libertà di movimento della popolazione; essa è frutto dell’economia di mercato e non è, invece, un mezzo per promuovere la crescita economica. Accelerare il processo di urbanizzazione per promuovere la crescita è invece tipico di una concezione pianificata dell’economia.

In secondo luogo, dato che il governo cinese non ha ancora fornito una definizione precisa della sua visione di urbanizzazione, attualmente non si può discutere di questo concetto in maniera ben definita. Ciononostante, sta prendendo forma un’idea abbastanza condivisa secondo cui quando si parla di urbanizzazione della Cina non ci si riferisce allo sviluppo di megalopoli, ma ad un sforzo per promuovere lo sviluppo generale di città di grandi, medie e piccole dimensioni (e questo è probabilmente il motivo per cui il governo preferisce usare il termine chengzhenhua 城镇化 piuttosto che il suo corrispettivo chengshihua 城市化).

Il motivo per cui molte persone temono la costruzione di megalopoli è legato a tutta una serie di problemi che caratterizzano le città cinesi - come il traffico, l’inquinamento ambientale, le lunghe liste d’attesa per prenotare una visita dal medico o per iscriversi a scuola, così come l’alto tasso di criminalità. Oltre a questi problemi, alcune riserve verso le megalopoli sono dovute al timore che anche in Cina possano crearsi gli enormi slum che caratterizzano alcune grandi città dell’America Latina e del Sudest Asiatico, che rovinano il paesaggio delle città e sono associati agli alti tassi di criminalità.

È necessario però chiarire un punto: i problemi che le città devono affrontare sono causati dalla loro eccessiva dimensione o dipendono da altri fattori, come ad esempio il modello di crescita e il tipo di gestione? A mio parere questi problemi hanno più a che fare con queste seconde cause. Ad esempio, città altrettanto grandi - come Tokyo, Seul, New York, Londra - non hanno gli stessi gravi problemi di traffico e d’inquinamento che è possibile riscontrare a Pechino e Shanghai. Il traffico di molte città cinesi è dovuto per gran parte a trasporti pubblici poco sviluppati, al costo relativamente basso delle macchine private, a una progettazione delle strade ancora carente. L’inquinamento è invece connesso a problemi che riguardano i bassi standard ambientali, la loro parziale attuazione e una non completa mercatizzazione dei costi ambientali e delle risorse.

Si dice che il tipo di urbanizzazione che la Cina vuole promuovere sia finalizzato a mettere al centro le persone, uno dei suoi punti cardine è rendere equi i servizi pubblici. Il problema è che in qualunque paese le risorse pubbliche di alta qualità - ad esempio le cure mediche e l’istruzione - sono un bene raro. Perciò tendono inevitabilmente a concentrarsi e questo è uno dei motivi per cui, se si lascia poi libero corso alle forze di mercato, anche la popolazione tende a concentrarsi [dove quelle risorse sono migliori], formando così grandi megalopoli. Se invece non si tiene conto di questo fattore e si promuove artificialmente l’equa distribuzione dei servizi pubblici, il risultato potrebbe non essere una crescita del livello medio dei servizi pubblici su scala nazionale, ma un declino dei servizi forniti da un certo numero di città. Citando la battuta di un economista: “non è detto che promuovere il processo di urbanizzazione favorisca l’urbanizzazione del paese; ma c’è la possibilità che esso trasformi il paese in un grande villaggio rurale”.

Le megalopoli portano inevitabilmente all’incremento del tasso di criminalità? Il professor Lu Ming della Fudan University sostiene che le megalopoli possono, al contrario, ridurre i costi della lotta alla criminalità e quindi non ne favorirebbero affatto l’incremento. Sembra quasi inevitabile che quando in una economia di mercato ha luogo una migrazione della popolazione vengano a crearsi delle “baraccopoli”. Sebbene queste non siano il massimo da un punto di vista paesaggistico, non è detto però che siano la fonte di tutti i mali di una città. Uno studio sugli slum di Mumbai mostra che essi offrono alla gente comune che si trasferisce in città per la prima volta un posto dove poter vivere temporaneamente, aiutandola a stabilirvisi e a migliorare il proprio status e livello di reddito; inoltre, all’interno di quelle che sembrano caotiche baraccopoli possono in realtà nascere sistemi di gestione autonoma ordinati. Fino ad ora nelle città cinesi non si sono formate baraccopoli, ma le aree metropolitane in cui piccoli centri urbani e campagna si fondono, così come i villaggi all’interno delle stesse città, svolgono fondamentalmente la stessa funzione che hanno le baraccopoli all’estero.

Una domanda interessante da porsi è: i poveri si adattano meglio alla vita nei piccoli centri urbani o a quella delle grandi città? L’esperienza comune farebbe propendere per la prima delle due opzioni. Ciononostante, una ricerca mostra che i poveri si adattano solo alla vita nelle grandi città. Questo perché nelle grandi città il costo pro capite per mantenersi è relativamente basso. Al contrario, solo le persone ricche possono permettersi i costi [più elevati] della vita nei piccoli centri. Con la mercatizzazione del prezzo dei fattori interni ed il palesarsi dei costi ambientali e delle risorse, temo che il gruppo a basso reddito si troverà ad affrontare non pochi problemi all’interno dei piccoli centri urbani.

Inoltre, la questione che maggiormente preoccupa le persone più lungimiranti è che in futuro l’urbanizzazione possa nuovamente trasformarsi in una corsa agli investimenti su larga scala da parte dei governi locali, generando uno spreco di risorse ed una diffusa rent seeking [“ricerca di rendita”, fenomeno che si verifica quando un individuo, un'organizzazione o un'impresa cerca di ottenere un guadagno mediante l'acquisizione di una rendita economica attraverso la manipolazione o lo sfruttamento dell'ambiente economico; n.d.t.]. Se non cambia il sistema di valutazione dei risultati ottenuti dai funzionari dei governi locali e non si modifica il meccanismo attuale che regola la spesa pubblica a livello locale, i funzionari saranno incentivati a considerare l’urbanizzazione come un’opportunità e saranno stimolati a finanziare la spesa pubblica con le entrate derivanti dalla concessione del diritto d’uso della terra, promuovendo uno sviluppo delle città su larga scala. Un’urbanizzazione (chengshihua) generalizzata unita ad una popolazione che continua a  concentrarsi in pochi centri urbani, a causa dei meccanismi dovuti alla mercatizzazione, possono dar vita a molte più città fantasma. Riguardo lo spreco di risorse, inoltre, ciò che maggiormente è da temere è la distruzione dell’ambiente e lo spreco della risorsa terra.

Fino ad ora il governo cinese non ha fornito una definizione precisa di urbanizzazione (chenzhenhua). I vari gruppi di interesse hanno riempito questo “contenitore” con i propri “prodotti”. Ci troviamo oggi davanti ad un bivio economico e dobbiamo esaminare la nostra coscienza e chiederci: che tipo di urbanizzazione vogliamo esattamente? Questa urbanizzazione dovrà essere guidata dal mercato o dal governo? L’urbanizzazione è un fine o un mezzo?

Consentitemi di usare le parole di un mio amico come conclusione: “Non è detto che un’urbanizzazione caratterizzata da grandi città sia un male, così come non si può affermare che sia vero il contrario. Tutto dipende da quali sono le basi istituzionali di partenza”.

Tradotto da Piero Cellarosi, 28 Maggio 2013