Il presente articolo è stato scritto per la rivista Cultura Cinese Zhongguo Wenhua 中国文化, riguardo il tema dell'influenza internazionale del cinema cinese degli ultimi anni. Poi, a causa di problemi di contenuto, non è stato pubblicato sulla rivista cartacea ma sul loro sito web nel Novembre del 2010.
Il cinema indipendente: lavoro o passatempo?
Oggi vari aspetti della cultura cinese appaiono con le caratteristiche tipiche di quelle zone poco sviluppate culturalmente. Le motivazioni sono dovute al fatto che l’approvazione e la creazione di una cultura locale dipendono, in gran parte, dal consenso generale, e ancor di più dalle cifre di mercato delle zone sviluppate. Le risorse per la cultura si concentrano sempre nelle grandi città, mentre nelle zone più remote c’è il deserto culturale. Se abbiamo il coraggio di definire le cosiddette caratteristiche cinesi, uniche nella storia dell’uomo, come fase di transizione, allora dobbiamo convenire che abbiamo di fronte questa situazione: la crescita culturale si sta costruendo all’interno di un lungo periodo di repressione e di percorsi non propriamente ortodossi, di stagnazione tangibile ed illusoria ripresa, unite ad contrasto eccessivo generato dall’economia. La cultura, poi, fino ad oggi non ha mai avuto, di per sé, una posizione: le due principali identità culturali sono l’impresa (i developer latifondisti) e la propaganda (lo spirito civilizzatore). Una differenza con le zone culturalmente sviluppate, è evidente dal fatto che i finanziamenti alla cultura non riescono ad entrare nelle imprese o non sono soggetti a riduzioni fiscali a livello individuale.
Il cinema è solo una piccola parte del grande sistema. In questi anni il botteghino delle produzioni cinesi è esploso, dimostrando cosa significhi la concentrazione di fondi e investimenti per la cultura e cosa siano i percorsi non propriamente ortodossi: si producono solo due o tre grandi film per sbancare i box office, ma giocano sporco: è quasi impossibile trovare un solo film che incarni il significato della tradizione nazionale cinese. Il governo, poi, sostiene una politica del costo del biglietto estremamente alta e ha fatto diventare il cinema un’industria a concentrazione di capitale. Qualcuno direbbe così: “Voi registi, o mi fate guadagnare o mi garantite un avanzamento di carriera, altrimenti non venite a rompere le palle a me o a mio figlio, che sta all’estero a carico mio. Tra un po’ di anni, fatte tutte le pratiche neanche io rimango più in questo paese, un paese senza un minimo di cultura, che poi a dirla tutta non fa mica bene ai ragazzi...”
In questo momento i giochetti che si fanno sono più o meno tre, uno è quello di potere: faccio un esempio, Bo Guagua, il figlio di Bo Xilai (1) studia in Inghilterra e di tanto in tanto, quando torna in Cina, durante alcune conferenze all’Università di Pechino dichiara che si butterà nell’industria culturale. Esclamazione fatta anche dal figlio di Kim II Song a suo padre. Il secondo gioco è il denaro: altro esempio, Han Sanping (2) ha dichiarato di voler metter su, a Huairou alle porte di Pechino, degli studi televisivi e cinematografici pari ad un valore di sei miliardi di yuan, mentre Jia Zhangke ha dichiarato di voler spendere duecento milioni per sostenere le giovani produzioni cinematografiche. Il terzo giochetto è la fama: i critici sulla sessantina sostengono all’unanimità che l’ultimo film di Zhang Yimou “The love of the hawthorn three”, è una storiella d’amore da ragazzini e non c’è nulla di commovente, mentre i direttori del Dipartimento per il Cinema sostengono che “Aftershock” è realismo.
Questa è la situazione attuale in cui si balla e si beve fino all’alba: il cinema è paragonato ad un bicchiere di vino e a quattro salti.
Data questa situazione generale, se un film cinese, in un festival internazionale, ottiene un premio, non ha più molto significato e il consenso internazionale influisce poco sulla situazione cinematografica cinese. Questa è una grande differenza con la situazione di dieci anni fa: adesso l’intero gioco passa dalla fama fittizia al potere, dalla schiuma della fiera della vanità alla bava di tette e minigonne. Quest’epoca in degrado è portata avanti dallo stress quotidiano delle persone, dai media d’intrattenimento e dall’ignavia, oppure come minimo sono i mass media che ci fanno credere che la gente sia così.
L’influenza internazionale del cinema cinese verte più i meno su tre temi: il botteghino, i festival e internet.
Il botteghino
Solamente le case di produzione internazionali di una super potenza (intendo Hollywood o simili) sono abili nel marketing all’estero per quei film che in Cina sono già affermati. In un anno forse c’è solo un caso che può arrivare a sperare in un introito di venti milioni di dollari. Il secondo mondo conta sulla base delle zone sviluppate culturalmente, sull’inerzia e sull’esperienza di molti anni nel mercato artistico e cinematografico provando a distribuire annualmente, due o tre film cinesi, in una ventina di paesi all’estero: in quei minuscoli paesi nel lontano emisfero australe in cui un terremoto del settimo grado non uccide nessuno, oppure dove alcuni minatori rimangono intrappolati sottoterra per più di un mese, aspettano i soccorsi e ancora riescono a fumare. Questi film possono arrivare a sperare in un guadagno totale di circa cinque milioni di yuan, ma sono gli stessi che non possono essere visti da un pubblico cinese che anche se li potesse vedere forse non sarebbe interessato.
Il limite fondamentale del botteghino è l’assenza di competenze specifiche: i canali di distribuzione sono nelle mani dagli stranieri e i tanti anni di costrizione hanno impedito di generare e sviluppare, per un prossimo futuro, una tipologia cinematografica che abbia influenza internazionale. Oggi, la posseggono solo i film di arti marziali ambientati nella Cina antica, di cui Hong Kong è stato promotore. Il cinema cinese quale tipologia commerciale può creare e sviluppare? Un paragone: i film americani, distribuiti in tutto il mondo, sono realizzati dagli americani stessi.
I festival
I festival del cinema sono un argomento trito e ritrito. In questi anni chi ottiene riconoscimenti sono il nucleo di una generazione, come Yu Guanyi, Zhao Liang, Ying Liang, Liu Jiayin, Li Hongqi, Guo Xiaolu, ed ancora Wanma Caidan, Zhao Ye, Yang Heng, Xu Tong. Ossia tutte persone ormai già di una certa età, che se non gli arriva niente di buono, basta che aspettino due anni e gli arriva il premio alla carriera; i più giovani, invece, si stanno ancora gingillando in un lento rodaggio.
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Shu Haolun, Chen Tao, Li jia, Xi Xueqing, ecc hanno ricevuto dei riconoscimenti per i cortometraggi. Tra tutti questi chi o quale lavoro ha effetto sul cinema cinese? Ritengo non ci sia nulla da dire al riguardo. Ci sono alcuni lavori che hanno molto più valore a livello sociale che a livello cinematografico. Ma non sarà che il cinema mainstream cinese va in direzione opposta alla tendenza sociale? Gli stranieri non è che stanno tutti armando una congiura per premiare solo i film non commerciali e che non facciano propaganda?
In questi ultimi dieci anni il bisogno di una valutazione onesta e la commercializzazione della critica sono corse in parallelo, ossia più la gente non crede alla critica più c’è la tendenza a far sì che il giudizio dei festival o la vincita di un premio diventino uno standard artistico. Sebbene questa sia una considerazione molto limitata, ultimamente sembra essere l’unico sistema di valutazione che faccia presa sul pubblico. Sembra, come disse Churchill, che la democrazia sia la peggiore forma di governo, ma attualmente non ce n’è una migliore.
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La rete
L’influenza del cinema cinese sulle pagine internet internazionali è la classica condizione di un prodotto che non potendo essere esportato rimane all’interno del paese di origine. Gli stranieri praticamente non sono interessati, l'attenzione è univoca: gli user parlanti cinese fanno i sottotitoli, condividono e scaricano tutto in rete; i siti di cinema internazionale non hanno un critico cinese cinematografico di peso, e non c’è uno straniero che con pazienza e cortesia si mette a fare i sottotitoli di The founding of a republic. Questo significa, in poche parole, che il cinema in lingua cinese sui siti anglofoni è inesistente. I cosiddetti prodotti invenduti indicano che l’ambiente di maggiore movimento consiste nel superare la censura per vedere un documentario che in Cina non si riesce a vedere. Nel 2005 quando è uscito Yiheyuan ho detto che in Cina non ci sono film politici ma c’è cinema a servizio o cinema d’arte, nel caso in quest’ultimi ci fosse stata un po’ di politica, gli artisti non l’hanno fatto apposta. Tempo fa i lavori svolti mostravano chiaramente che ad avere una coscienza politica erano solo tre o quattro persone, invece, a causa del cambiamento della situazione sociale di questi ultimi anni e del blocco della rete, c’è stato un aumento improvviso di questo genere di lavori e di autori. Nello specifico succede questo: accade qualcosa, rapidamente si gira e si taglia (per quello che so il più veloce è stato girato, il secondo giorno montato, ed era già pronto per essere visto). I lavori sono di lunghezza diversa, il punto in comune è il grande disprezzo verso la base del capitalismo, ossia il sistema del copyright e l’utilizzo della diffusione in streaming. La narrativa del lavoro non ha nessuna importanza paragonata alla comunicazione. L’importante è che circoli subito e provochi una reazione immediata, senza curarsi addirittura se si può o meno parlare di un prodotto cinematografico. Una delle caratteristiche più importanti è che a questi lungometraggi partecipano autori professionisti a cui non importa assolutamente partecipare a nessun tipo di festival: non sono interessati che il giudizio altrui definisca la loro “arte”. Il nome di questi personaggi chiave della questione temo siano nomi caldi del web in questo momento.
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(1) Bo Xilai, è il segretario generale della città di Chongqing, è stato Ministro del Commercio fino al 2007 e ritenuto uno dei più abili politici cinese ad instaurare rapporti con il mondo occidentale. Il figlio, Bo Guagua, è a Oxford dove studia filosofia politica ed economia. (2) Han Sanping è il produttore cinematografico più potente in Cina al momento.
Tradotto da
Desiree Marianini, 30 Giugno 2011
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