Il racconto “il robot cantastorie” è stato pubblicato nel 2005 sulla rivista “Il mondo della fantascienza” (科幻世界). La storia è una metafora del processo di creazione delle storie. Spesso nei racconti di Fei Dao passato e futuro si mescolano: "Il robot cantastorie" si svolge infatti in uno scenario che ricorda le ambientazioni del passato, a cui fa da contrasto la presenza di scienziati ultratecnologici che si adoperano per costruire un robot in grado di raccontare delle storie, una sorta di menestrello del futuro con tanto di microchip impiantato nel cervello che lo rende più funzionale di un essere umano, data la sua grande capacità di memoria. Tuttavia il fatto di essere una macchina, ad un certo punto della storia si rivelerà un ostacolo nella riuscita dei suoi racconti poichè mancherà di una delle capacità fondamentali che deve avere un bravo cantastorie: la creatività.
C’era una volta un re che non si curava né degli negli affari di stato né delle belle donne. L’unico suo interesse era ascoltare storie e per questo motivo aveva accolto un cantastorie nel suo palazzo. Ma ogni essere umano può inventare solo un numero di storie limitato. E così, dopo qualche tempo, non appena il cantastorie iniziava il suo racconto, il re capiva l’intera trama. Così mandò il cantastorie in esilio in un luogo lontano e da allora nessuno osò più raccontargli una storia.
Data la situazione il re decise di convocare gli scienziati più intelligenti del pianeta per costruire un robot cantastorie. In un primo momento, questo robot raccontava delle storie molto banali, ma, grazie alle sue straordinarie capacità di apprendimento e sotto la guida esperta degli scienziati, piano piano migliorò le sue caratteristiche diventando sempre più abile. Nella sua memoria erano stati installati i racconti più interessanti del mondo. Ogni giorno, stanco degli affari di stato, il re si faceva raccontare una storia per rilassarsi. Anche prima di dormire aveva bisogno di ascoltare due o tre piccole storielle, altrimenti non riusciva ad addormentarsi.
Un giorno il re, sdraiato nel suo comodo letto, chiuse gli occhi pronto ad ascoltare un'altra meravigliosa storia. Il robot iniziò a raccontare: In una città molto molto lontana, viveva un ladro molto famoso, la gente lo chiamava Kerk.
Il re aggrottò le sopracciglia, spalancò gli occhi e interruppe il robot: “Questa storia l’ho già ascoltata, raccontane un’altra!”.
Il robot ricominciò: C’era una volta un re che aveva scambiato una testa di maiale per suo figlio...
La sua voce divenne improvvisamente comica, ma il re aggrottò nuovamente le sopracciglia: “Forse non sono stato chiaro, devi raccontare una storia che non ho mai ascoltato!!”. Finito di parlare chiuse di nuovo gli occhi con un’espressione di malcontento sul viso.
Il robot si ammutolì e si mise a controllare minuziosamente nel database della sua memoria. Alla fine riuscì a trovare una storia che non aveva mai raccontato. “Chi me lo dice che non mi prenderai in giro ancora una volta?” chiese il re con aria corrucciata. Pensò ancora un po’ e poi continuò: “Sei in grado di inventare una storia?”
Gli scienziati si misero immediatamente al lavoro. Aumentarono la capacità di memoria del robot, che divenne in grado di eseguire operazioni complicate. In questo modo lo istruirono a quella che chiamarono “fantasia”. Il robot comprese perché era possibile creare cose che non esistevano, effettuando una svolta che segnò il passaggio dal racconto descrittivo al racconto fantastico. Sebbene il suo primo racconto fu un disastro completo, tutti furono felicissimi per questa innovazione straordinaria.
Le capacità di apprendimento del robot erano impressionanti, sotto la guida degli scienziati aveva analizzato una ad una tutte le storie migliori del mondo e poi aveva creato un modello matematico che in seguito sarebbe stato conosciuto come “la teoria delle storie”. Purtroppo questa equazione era troppo complicata e solo il robot era in grado di risolverla. Seguendo tale teoria e grazie ad una pratica costante, il robot riuscì ad inventare la prima storia interessante, tanto che dopo averla ascoltata, il re dichiarò con tono soddisfatto: “Ricorda: devi raccontarmi solo le storie più belle!”.
Di solito quando il re era di buon umore, il robot gli raccontava delle storie sentimentali usando un tono di voce smielato. Una volta terminato il racconto, il re iniziava a sospirare rattristandosi per le disavventure dei personaggi della storia, si immedesimava talmente tanto nella loro situazione che talvolta arrivava ad emanare delle leggi provvisorie per alleviare le sofferenze del suo popolo. Quando invece egli era di cattivo umore, il robot gli raccontava delle storie divertenti con un tono di voce vivace, e come risultato, il re si metteva spesso a piangere dalle risate. Grazie a questo tipo di racconti la rabbia pian piano lasciava posto alla quiete, permettendo ai funzionari di governo di tirare un sospiro di sollievo e garantendo la pace nel Regno.
La qualità delle storie create dal robot migliorava di giorno in giorno, fino a quando i suoi racconti non arrivarono persino a superare gli scrittori più bravi del mondo. Data la precisione delle operazioni, le sue storie avevano una forma molto coincisa, non sembravano mai essere inventate sul momento, inoltre la complessità della teoria delle storie, garantiva una certa umanità, evitando che si capisse che dietro alla loro creazione vi era un'intelligenza artificiale. Alcune storie arrivarono ad essere considerate dei classici e persino al re piaceva riascoltarle.
Il robot sembrava conservare uno stile classico solo per quanto riguarda la forma, infatti, tutte le storie iniziavano con “C’era una volta” e terminavano con “e vissero tutti felici e contenti”. Quindi, non appena il re si liberava dai suoi doveri e pronunciava la parola“inizia!” , il robot con una voce pacata cominciava “C’era una volta..”. A quel punto l’intero palazzo si fermava, tutti quanti smettevano di colpo di fare quello che stavano facendo e trattenevano il respiro, non osavano emettere alcun suono per evitare di disturbare il re. Quando il robot pronunciava la frase “e vissero tutti felici e contenti”, allora i servitori tiravano lungo respiro di sollievo e con molta prudenza ricordavano al re che era arrivata l’ora di risposare.
Giorno dopo giorno, il robot continuava ad inventare nuove storie. Tuttavia il re era un uomo intelligente, e sebbene i racconti fossero differenti l’uno dall’altro, era possibile ancora percepire che c’erano delle cose che non cambiavano, fu così che un giorno, mentre era di cattivissimo umore ordinò: “Raccontami la storia più bella della terra”. Tutto improvvisamente si fermò. Questa volta, invece di iniziare subito con “C’era una volta”, il robot rimase in silenzio. Il re con grande sforzo pazientò e l’intero palazzo iniziò ad agitarsi, le concubine e i servitori si misero a pregare, nella speranza che il robot riuscisse a raccontare la storia più unica al mondo, altrimenti il re si sarebbe arrabiato. Alla fine fortunatamente le loro preghiere furono esaudite e udita la frase “C’era una volta” si tranquillizzarono tutti quanti.
C’era una volta un re talentuoso che utilizzo le tecnologie più sofisticate per costruire un esercito indistruttibile per il proprio regno...
La storia procedeva piano piano e gli abitanti del palazzo rimasero affascinati, anche il re rapito dal racconto, si mise ad ascoltare con attenzione perdendo la cognizione dello spazio e del tempo. I soldati superarono mille ostacoli, eliminarono uno ad uno mostri e nemici potenti, incontrarono personaggi bizzarri, e conquistarono numerose città fino ad arrivare all’ultimo regno rimasto. Il re di questo posto era di uguale ingegno, e anche lui aveva utilizzato le tecnologie più sofisticate per erigere delle mura indistruttibili intorno alla città. Alla resa dei conti, entrambi i re dei due regni chinarono la testa per complimentarsi a vicenda e i soldati coraggiosi alzarono le lance in direzione delle mura...
Il robot smise di parlare. Il re ritornò improvvisamente alla realtà e, impaziente di continuare ad ascoltare la storia ordinò con fermezza: “ Continua a parlare!”
Gli occhi del robot emisero una scintilla, e continuò a non emettere suoni. Il re alzò la voce e disse: “Perché ti sei fermato?”
A quel punto l’intero regno iniziò a tremare mentre il robot con il suo solito tono pacato rispose: “Maestà, questa storia può avere due finali, non ho ancora calcolato quale dei due sia il finale migliore”. “Sono entrambi dei bei finali?” disse il re dispiaciuto. “Lo sono, il valore del grado di concordanza previsto dalla teoria delle storie coincide in entrambi i finali. E’ la prima volta che si verifica una cosa del genere”. “Allora racconta entrambi i finali!” ordinò il re. “Non è possibile, vostra Maestà, per agire in conformità con le vostre istruzioni, è necessario che io trovi il finale perfetto da raccontare, questo è un mio dovere”. Rispose il robot mantenendo un tono calmo. “No! Ecco il nuovo ordine: continua a raccontare la storia, non importa quale sia il finale”. Il tono del re divenne rude.
Gli occhi del robot continuarono ad essere scuri. Quella stessa notte nel regno non si sentì pronunciare la frase di chiusura “e vissero tutti felici e contenti”. Come risultato gli abitanti del palazzo rimasero in ansia per tutta la notte e il re non riusci a dormire.
Il giorno dopo, gli scienziati ripararono il robot, e con molta cautela suggerirono al re: “La prossima volta sarebbe meglio non dare degli ordini così contraddittori al robot”.
Il re stupito chiese: “Mi state dicendo che non c’è soluzione?”
“Vostra maestà”, disse uno scienziato: “le sue abilità nell’inventare storie di fantasia mostrano chiaramente che egli possiede lo stesso schema mentale degli esseri umani, pertanto anche i suoi ricordi si sono intrecciati tra di loro, se eseguiamo una semplice cancellazione del comando precedente, temo che anche le storie già immagazzinate nella sua memoria andranno perdute.”
“In verità: spiegò un altro, “abbiamo localizzato quella parte della sua memoria e abbiamo provato ad utilizzare un dispositivo di conversione esterno per ripristinare la storia, ma sfortunatamente abbiamo ottenuto solo un codice indecifrabile”.
“Inoltre”, intervenne il terzo “sembra che abbia ricevuto un ordine preciso dal mondo esterno e pare che questo ordine abbia provocato la formazione di una grande quantità di elettricità, tuttavia non abbiamo capito chiaramente di cosa si tratti, ma è meglio che non lo forziate ad infrangere questo ordine”.
“In breve” continuò l’ultimo con tono lusinghiero “grazie agli insegnamenti e alla pratica con vostra maestà, si è evoluto fino a superare i limiti che noi siamo in grado di interpretare”. “Buoni a nulla!”, rispose il re lasciando la stanza.
Il re diffuse pubblicamente la storia incompleta, dichiarando che chiunque fosse stato in grado di offrire un finale stupefacente, avrebbe ottenuto una generosa ricompensa. Il popolo rimase affascinato da questa storia, e molti scrittori di talento si presentarono per raccontare il proprio finale. Tuttavia, nonostante lo stesso re ritenesse che i finali proposti fossero tutti molto buoni, purtroppo nessuno di essi poteva essere definito incomparabile, e comunque egli voleva conoscere a tutti i costi il finale nascosto nella memoria del robot. Fu così che utilizzò tutto il denaro della ricompensa per mandare via le persone.
Il robot intanto continuava a compiere il suo dovere, ogni giorno raccontava delle storie meravigliose che il re ascoltava con passione, commuovendosi oppure ridendo. Tuttavia il suo entusiasmo non era lo stesso di prima, perché nel profondo del suo cuore continuava a pensare a quella storia senza finale. Purtroppo però il robot non aveva ancora deciso quale scegliere. In questo modo trascorsero i giorni e il robot divenne sempre più simile ad un essere umano. Con il passare degli anni, il re divenne sempre meno irritabile, a volte mostrava addirittura affetto nei confronti del robot, quando era triste si confidava con lui, e in generale entrambi si trattavano con reciproco rispetto. Dopo tutto il re non aveva amici all’interno del palazzo.
Un giorno, verso il crepuscolo, il re con tono stanco disse: “non hai ancora deciso come dovrebbe continuare quella storia?” Il robot rimase in silenzio e poi con tono calmo rispose: “No, vostra Maestà, forse non ci crederete ma anche io ne soffro. Ogni volta che mi viene in mente che a causa del vostro ordine non posso eliminare un finale, la mia testa viene attraversata da una scarica elettrica. Non so quale dei due raccontare. E’ una situazione che non riesco a risolvere”.
“Quando ci riuscirai potrai dire di essere un artista”. Disse il re sorridendo, poi si sdraiò sul letto e da lì non si rialzò più. La malattia del re peggiorava giorno dopo giorno, le medicine non avevano alcun effetto e la gente iniziava a mormorare. Ogni sera dopo che il servitore personale aveva lasciato la stanza e tutti erano andati via, rimaneva solo il robot che non si muoveva dalla sua postazione accanto al letto del re. Durante la notte, da una parte pensava profondamente al finale di quella storia, dall’altra parte aspettava che il re si svegliasse per raccontargli una piccola storia.
Un giorno, prima dell’alba, il re aprì gli occhi e fissò il robot, poi con un filo di voce disse: “quella storia…”
“Vostra Maestà forse posso avere un terzo finale…”. La voce del robot era particolarmente gentile, ma il re scuotendo la testa lo interruppe: “No, forse non serve un finale”.
Nel testamento del re era dichiarato tutto in modo molto chiaro, ma non vi era alcun riferimento al robot cantastorie. Il nuovo re, si occupava degli affari di stato e amava il popolo, amava lo sport ma non gli piaceva ascoltare le storie, quindi prese una decisione: per rispetto al re precedente, nessuno avrebbe avuto il diritto di conoscere il finale di quella storia. Pertanto dopo aver subito il lavaggio del cervello, il robot venne esposto nel museo del governo imperiale, e mai nessuno seppe il finale della storia.
E vissero tutti felici e contenti.
Tradotto da
Sonia Di Clemente, 26 Aprile 2013
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