L’espulsione degli studenti uiguri



Impegnato nella difesa dei diritti delle minoranze, il blogger musulmano Ma Zhifang 马志方 ha più volte toccato la questione del diritto allo studio, descrivendo in particolare le difficoltà incontrate dagli studenti uiguri. In passato, Ma Zhifang aveva denunciato le restrizioni a cui andavano incontro le moschee dello Xinjiang nell’impartizione di un’educazione islamica, mentre, al di fuori dello Xinjiang, le moschee e le scuole sono tutt’altro che incoraggiate ad accogliere ragazzi uiguri. Il post che vi presentiamo oggi è stato scritto all’inizio del mese di ottobre del 2012 e partendo dall’ultimo caso di discriminazione segnalato –l’espulsione degli studenti uiguri da una scuola privata per ragazzi di umili origini a Linxia 临夏- ripropone le riflessioni dell’autore sull’universalità del diritto allo studio.


Il primo ottobre di quest’anno, mentre l’intera nazione festeggiava la fondazione della repubblica, un amico uiguro mi ha chiamato per dirmi che a Linxia, nella regione del Gansu 甘肃, i loro figli e quelli di amici e conoscenti erano stati costretti ad abbandonare la scuola. Stando ai racconti dei ragazzi sul posto, l’allontanamento è stato molto doloroso e i compagni di ogni nazionalità si abbracciavano piangendo.

Tanto per il buon senso comune quanto per la legge l’istruzione rientra nella sfera dei diritti fondamentali. In qualsiasi stato non c’è amministrazione, organizzazione sociale, né individuo che possa liberamente privare un cittadino del diritto a ricevere l’istruzione. La scuola privata in questione aveva ammesso un numero limitato di studenti uiguri, secondo quanto consentito dalla legge sull’istruzione e dai regolamenti scolastici. Aveva agito in conformità con la normativa nazionale e con i regolamenti governativi; anche l’amministrazione di competenza era stata messa al corrente dell’iscrizione e, inoltre, non esiste alcun regolamento approvato dal governo di Linxia o dall’ufficio dell’istruzione locale che vieti agli istituti di iscrivere studenti uiguri. Non da ultimo, questo tipo di istituti, nel momento in cui procedono all’iscrizione di studenti uiguri, richiedono ai ragazzi di presentare obbligatoriamente, come allegato speciale, un “attestato di condotta non criminale”, rilasciato dagli apparati di sicurezza pubblica locali.

Il primo comma del ventiseiesimo articolo della dichiarazione universale dei diritti umani recita: «ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita, almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere aperta a tutti. L’istruzione superiore deve essere messa ugualmente a disposizione di tutti sulla base del merito».

Nel quarto articolo della costituzione cinese è scritto: «tutte le nazionalità della Repubblica popolare cinese sono uguali senza eccezioni. In conformità con la legge, lo stato tutela i diritti e gli interessi di ogni minoranza nazionale; garantisce e sviluppa l’uguaglianza, l’unione e le reciproche relazioni di tutte le nazionalità; proibisce la discriminazione e l’oppressione di qualsiasi nazionalità; vieta azioni dirette alla rottura dell’unione tra le nazionalità e alla creazione di divisioni etniche».

Il nono articolo della legge sull’istruzione della Repubblica popolare cinese afferma: «i cittadini della Repubblica popolare cinese hanno il diritto e il dovere di ricevere l’istruzione. Tutti cittadini, senza distinzioni di nazionalità, razza, sesso, professione, proprietà e fede religiosa, in conformità con la legge, godono ugualmente dell’opportunità di ricevere l’istruzione».

Articolo trentasei: «in accordo con la legge, tutti coloro che ricevono l’istruzione godono di uguali diritti di fronte all’avviamento e all’avanzamento della carriera scolastica, alla formazione professionale e ad altri aspetti. Gli istituti scolastici e gli organi amministrativi di competenza, in accordo ai relativi regolamenti nazionali, devono tutelare l’uguale diritto tra ragazze e ragazzi in età scolastica di fronte all’avviamento e al proseguimento della carriera scolastica, alla formazione professionale, al conferimento di titoli scolastici, alle opportunità di studio all’estero e ad altri aspetti».

Naturalmente non esiste organizzazione che abbia il potere di privare uno studente del diritto allo studio, specie in assenza di una persona che abbia dimostrato concretamente la violazione di qualche legge, o l’esistenza di un possibile crimine. Cacciare la gente, espellere gli studenti non solo non rispetta la legge ma è anche in disaccordo con la politica nazionale di edificazione di una società armoniosa e di tutela della stabilità sociale. Questa pratica evidenzia lo spirito della Rivoluzione culturale. Se pure degli appartenenti a una qualsiasi nazionalità si fossero rivelati dei criminali, non sarebbe consentito coinvolgere nel caso l’intero gruppo etnico. Inoltre, se si intendesse rispettare i diritti umani e salvaguardare fino in fondo la civiltà, anche il criminale che viene condannato a una detenzione avrebbe il diritto di proseguire gli studi e di ricevere un’istruzione.

Se uno o più studenti dello Xinjiang hanno causato qualche incidente, il caso dovrebbe essere trattato ragionevolmente e in accordo con la legge. Al contrario, l’allontanamento di tutti gli studenti è davvero un atto che ignora i principi fondamentali, oltre che essere un’iniziativa irresponsabile. Ma credete davvero che rispedendo indietro nello Xinjiang questi studenti rispettosi della disciplina e della legge aumenterà l’armonia e la stabiltà del posto? Ma, scusate, e se poi gli studenti espulsi scatenano il contrario che succede? Mettiamo che arrivino al punto di commettere qualcosa che davvero mini la stabilità, in quel caso che si fa?

Sebbene Linxia sia una prefettura autonoma di nazionalità hui (1), resta comunque un luogo povero di risorse naturali, con un’istruzione e una cultura ancora arretrate. Raffrontando l’economia agricola su piccola scala con le aree più sviluppate si ottiene la stessa distanza che c’è tra terra e cielo. I cittadini di Linxia di etnia hui e di altre minoranze sono gravati da tempo dalla difficoltà a ottenere un semplice passaporto che attesti la loro identità e la cittadinanza all’estero (2). Linxia non ha ancora un’accademia né un’università. In un contesto simile, occorre impegnarsi per liberare le menti, per riparare gli annosi squilibri della proporzione di quadri appartenenti alle diverse nazionalità nell’amministrazione (3) e per risolvere tensioni visibili e nascoste che esistono da molto tempo. In futuro bisognerà attirare e non cacciare i ragazzi venuti da fuori per studiare in un luogo come Linxia, dove le condizioni della gente sono così particolari.

Note al testo

(1)    Gli hui 回 sono cinesi han di fede islamica, riconosciuti ufficialmente come uno delle cinquantasei ‘nazionalità’ che compongono la Cina, sebbene si distinguano non per un’identità etnica ma per un identità religiosa. Sono maggiormente concentrati nella regione autonoma del Ningxia 宁夏, ma esistono delle amministrazioni locali autonome anche in altre regioni, come ad esempio nel Gansu甘肃.
(2)    La pratica è molto diffusa, specialmente di fronte alle richieste delle popolazioni uigure, tibetane e hui  per impedire loro di recarsi all’estero, ufficialmente per motivi di sicurezza nazionale.
(3)    L’assenza di quadri e di dirigenti di alto livello, soprattutto nelle gerarchie del partito, è un problema che affligge molte aree popolate da minoranze, su tutte il Tibet e lo Xinjiang.

* Foto realizzata da Tania Di Muzio

Tradotto da Mauro Crocenzi, 15 Febbraio 2013