2013 Gen
18
Hai cancellato il mondo, non cancellerai la dignità
你删除得了世界,删除不了尊严 di
Li Chengpeng ( 李承鹏 )
Il caso di censura che ha colpito il settimanale liberale Nanfang zhoumo 南方周末 ha scosso il mondo giornalistico e la web-community cinese, dando origine a una campagna di sostegno a favore del giornale e della libertà d’espressione in Cina. C’è chi a fine anno, come l’autorevole Prof. Liu Junning 刘军宁 aveva in qualche modo ‘previsto’ la crescita del confronto sulla questione del liberalismo. Tra le voci più note intervenute nel dibattito c’è chi, come i famosi blogger Zuola 左拉 e Laohu Miao 老虎庙, ha seguito attivamente gli eventi, il primo raccogliendo e diffondendo in rete notizie in tempo reale, il secondo intervistando sull’argomento il Prof. Chen Hongguo 谌洪果. Il giornalista free-lance Chang Ping 长平 ha invece gettato delle ombre sull’immagine del liberale Wang Yang 汪洋, il vecchio segretario di Partito della regione del Guangdong, oggi potenziale vice premier. Wang Yang, salito agli onori per la pacifica risoluzione della crisi di Wukan 乌坎 e per lo stato di salute dell’economia regionale del Guangdong, avrebbe tuttavia operato in modo tutt’altro che progressista nei confronti dei media locali, favorendo l’ascesa di alcuni conservatori negli uffici incaricati della propaganda locale. Sullo stesso tono è stato l’intervento di Xiao Shu 笑蜀, ex giornalista del Nanfang zhoumo, allontanato dal settimanale nel 2011 in seguito alla crescita della censura. Tra le altre figure pubbliche schieratesi a favore del giornale c’è la sociologa e sessuologa Li Yinhe 李银河, autrice nel suo blog di un articolo che sostiene la vicinanza tra i due valori del costituzionalismo e della libertà d’espressione con l’ideologia marxista. Infine, non sono mancate neanche le voci critiche contro il giornale, ad esempio nei commenti all’articolo postato nel suo blog dallo studioso nazionalista Wang Xiaodong 王小东, che ha riunito tutti gli editoriali di buon augurio per il nuovo anno pubblicati dal Nanfang Zhoumo negli ultimi quindici anni. Caratteri cinesi vi propone il commento alla vicenda scritto il 7 gennaio del 2013 dall’intellettuale Li Chengpeng 李承鹏, personalmente coinvolto nella causa della libertà d’espressione in Cina.
Avevo un’idea: parlare è un istinto. I fiori sbocciano, gli uccellini cinguettano felici, la pioggia si interrompe e le api sopraggiungono ronzando. Il richiamo della fame, il pianto di un neonato. Ma in un’epoca strana come la nostra, questo istinto è stato eliminato. Seicento milioni di persone sono affamate, tuttavia non possono parlare, e se lo dicessero sarebbe un tradimento alla nazione.
Ero ancora più convinto che parlare fosse una forma di dignità. È la dignità della memoria, il coraggio di mettere per iscritto su un foglio di bambù la verità della storia. È la dignità dell’emozione, che fa leggere a voce alta una lunga lista di persone decedute. È la dignità dell’intelligenza, per cui non può esistere un raccolto di diecimila chili per un mu di terra (1), come non può esistere un cavallo con le corna o un cervo del Giappone non maculato.
Non saprei dire quando, ma alla fine siamo stati privati di questa dignità. Nel confrontarci con il mondo reale saremo costretti ad adattarci, e rivedere la banca dati del nostro cervello: d’accordo, al cavallo crescono le corna, lunghe corna [...]. La conseguenza peggiore non è che alle persone non sia consentito chiedersi se la loro cuccia per cani è sufficientemente grande, perché anche se fosse di grandi dimensioni resterebbe sempre una cuccia; è che la gente denota gravi squilibri. Alla fine si tratterà di inverno duro che, come sempre, annuncia la primavera, oppure quest’inverno duro implica che non ci sarà più nessuna primavera?
Ad ogni modo, la questione è il ‘governo costituzionale’; un’espressione in uso da molto tempo, un’espressione così civile che infine ha provocato in alcune persone una reazione fisiologica. Leggendo quest’espressione, inizialmente, hanno pensato di rimando alla ribellione, alla sovversione e alla perdita di sovranità. Hanno tremato dalla testa ai piedi, con occhi pieni di apprensione, attuando una repressione generale. Ma quest’espressione è proprio il sogno che ai loro tempi avevano inseguito Mao Zedong, Zhou Enlai e i leader fondatori del nostro Stato; quest’espressione ancora oggi scrive le parti più radianti della Costituzione. E allora, di cosa avete paura? Quante persone ritengono infine che possa ampiamente nuocere alla Repubblica? È mai possibile che un’espressione così gloriosa possa essere pronunciata solo da voi e non dal popolo? Che appena il popolo pronunci ‘governo costituzionale’ la nazione sia in pericolo?
Ma sono delle parole e parlare non è più un diritto scontato, dobbiamo invece aspettare che ci sia riconosciuto questo diritto. Questo incidente ha gettato nell’onta un Paese grande e grosso. Possiamo non volere grattacieli, ma un giornale che dica la verità. Possiamo non volere il secondo Pil al mondo, ma un giornale che dica la verità. Possiamo non volere formazioni aeree, ma un giornale che dica la verità. Il principio è elementare: tutte le nazioni che nel mondo suscitano il rispetto della gente hanno giornali a cui è concesso dire la verità. Sapete, l’ascesa del grande impero britannico non poggiò sulla forza navale ma sulla Fleet street; questa via era la voce dell’informazione e ancor più una fede religiosa (2).
Pensate un po’ se vi trovaste di fronte a quella striscia di terra che è lo stato birmano, dicendo con l’aria sfrontata di chi la sa lunga: «Noi abbiamo il grattacielo più alto di tutta l’Asia, e voi?», e loro scuotono la testa. «Noi abbiamo le forze navali, e voi?», e loro scuotono la testa; poi, mentre pensate a cosa potreste chiedergli ancora, loro vi chiedono in risposta: «Noi abbiamo giornali che possono dire liberamente la verità, e voi?». In quel momento quanta poca dignità avreste!
La dignità di qualunque potere politico non viene affatto dalla privazione di diritti, ma dal riconoscimento della forza del vero.
Si dice che in Cina non ci sia il controllo dell’informazione, ci sono solo notizie false, notizie false e notizie false. Così, mentre il messaggio di capodanno veniva modificato, non solo l’opinione pubblica, ma anche funzionari di governo dicevano di non sapere delle vittime del disastro ferroviario nello Shanxi e di non aver saputo per cinque giorni del serio inquinamento di un fiume (3). L’aspetto semplicemente tragicomico è che forse davvero non ne erano al corrente. Inizialmente hanno progettato una gabbia dove mettere sotto chiave il mondo; ma alla fine il risultato è stato che, tagliati fuori dal mondo, sono rimasti chiusi in gabbia loro stessi. Lo sa tutto il mondo, è ridicolo!
A che pro avete modificato il messaggio di capodanno? Credo che potrete anche modificare il messaggio che qualcun altro scriverà per il nuovo anno, ma non l’elegia funebre che qualcun altro scriverà per voi.
Quello che voglio dire è: Cina, puoi essere un po’ più civile? Il mondo è così vicino, non voglio discutere di dottrine né di ideologie, voglio parlare solo di civiltà. Civiltà significa che anche se abbiamo convinzioni diverse potremo comunque condividere equamente qualsiasi informazione. Di fronte alle divergenze è possibile sedersi a un tavolo e trattare. Se, date le circostanze, non c’è modo che tutti siano soddisfatti, è possibile ricorrere a una cosa che si chiama ‘compromesso’, per far sì che la situazione non degeneri, in modo tale da garantire all’intera società la più elementare dignità. Civiltà non significa tagliare fuori brutalmente le informazioni o rifiutare la comunicazione, né alterare ed eliminare un’informazione quando ci si ritrova in un vicolo cieco, mandando la gente in un campo di rieducazione attraverso il lavoro invece di sedersi a un tavolo e trattare.
Il mondo è proprio lì e voi non scegliete mai di confrontarvi, scegliete di cancellarlo. Il problema è che potete anche cancellare il mondo ma non cancellerete mai la dignità.
Perché la dignità è una bisogno dell’individuo ed è anche indispensabile per la nazione. Non è facile immaginare una folla di persone, che non presta attenzione neppure alla propria dignità ma sa prendersi cura della dignità di una nazione; o un gruppo di cittadini senza dignità che tuttavia riesca a edificare uno stato grande e potente. Un gruppo di maiali non potrebbe mai proteggere un porcile, ecco tutto.
In questo momento, all’ingresso del numero 289 del corso centrale di Canton, si sono radunate molte persone dotate di dignità (4). Portano in mano fiori freschi, sorreggono dei manifesti e si scambiano punti di vista. Non dovrete in nessun modo ritenerli contro i valori civili, né dei sovversivi; dovrete credere fermamente che sono delle risorse che proteggono il futuro che ancora ha questo paese. Solo perché amano questo luogo lo criticano; se sollevano delle critiche anche voi dovrete accettarle. Sapete? Anche se la situazione non avrebbe ammesso altre soluzioni, la programmata eliminazione del sistema di rieducazione attraverso il lavoro ha conferito a questo potere politico una dignità inimmaginabile. Poi dovete sapere anche che la libertà d’espressione, l’indipendenza del potere giudiziario e il governo costituzionale, niente di tutto ciò è un inganno per il potere politico, al contrario sono dei suoi segni di benessere.
Se non rifiutate la dignità, non rifiuterete neppure questi segni di benessere. Inoltre già non avete più scappatoie, potete solo proseguire lungo la strada verso la civiltà. Dio ha creato il mondo non per costringere l’umanità a un’esistenza miserabile, ma per dare alla dignità un luogo dove vivere.
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Note al testo:
(1) Il mu 亩 è un’unità di misura che equivale a poco più di 0,65 ettari. La frase riprende uno degli slogan propagandistici dell’epoca del Grande balzo in avanti, alla fine degli anni Cinquanta. In quel periodo furono promosse forme di produzione collettivista sempre più radicali. Nonostante gli esiti disastrosi del programma, i dati diffusi dagli organi di propaganda e dai media registravano costantemente nuovi picchi produttivi.
(2) Nella Fleet Street a Londra sorgevano le sedi dei principali quotidiani britannici.
(3) Li Chengpeng fa riferimento alle polemiche sorte nelle ultime due settimane intorno alle notizie di disastri, riportate con ritardo e in maniera spesso incompleta e parziale: il primo caso a cui fa riferimento è un incidente ferroviario, che il 25 dicembre ha causato otto vittime nella regione dello Shanxi; il secondo è quello dell’inquinamento del fiume Zhuozhang 浊漳河, sempre nello Shanxi, a causa della dispersione di sostanze chimiche avvenuta per una perdita all’interno di un complesso industriale il 31 dicembre 2012. Le autorità dello Shanxi avrebbero informato con cinque giorni di ritardo le confinanti regioni dello Henan e dello Hebei, nonostante le acque dello stesso fiume vengano utilizzate anche dalla popolazione di queste regioni.
(4) L’indirizzo è quello della sede del Nanfang zhoumo, dove anche Li Chengpeng si è recato a manifestare.
Tradotto da
Mauro Crocenzi, 18 Gennaio 2013
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