L’intellettuale nella Cina della “prosperità”


2012 Ott
16

L’intellettuale nella Cina della “prosperità”
“盛世”里的知识分子 di Chan Koonchung ( 陈冠中 )


"Cina 2013: l'era della prosperità", il romanzo di fantascienza di Chan Koonchung, pubblicato a Hong Kong e Taiwan nel 2009 e circolato anche in Cina su internet, esce in Italia per Longanesi col titolo "Il demone della prosperità".
Chan Koonchung inizia scrivere questa storia nel 2008, mentre la Cina vive un periodo di particolare ottimismo per il futuro. L'autore illustra il ruolo dell'intellettuale nella Cina contemporanea, figura chiave che nel romanzo si trova ad indagare le cause di una strana amnesia collettiva che ha fatto scomparire un intero mese dalla memoria della gente e dai documenti ufficiali.


Nel 2000 mi sono trasferito a Pechino perché volevo scrivere un romanzo in Cina, dopo il romanzo su Hong Kong "Non è successo niente" del 1998. Ma fino al 2009 non sono riuscito a scrivere niente. Dal 1992 al 1994 ho vissuto tra la Cina e Taipei; ogni volta che tornavo in Cina percepivo la rapidità dello sviluppo cinese. Al mio ritorno nel 2000, ho visto un paese completamente diverso, già sotto gli occhi di tutto il mondo.
Scrivere si è rivelato difficile;  è facile farsi da subito un'idea della Cina, ma poi si attraversa una fase in cui si dubita fortemente di se stessi: in fin dei conti non capisco la Cina, nonostante ci sia tornato più volte. Ogni volta che penso di averla quasi afferrata, ecco che la realtà viene fuori a confondermi. [...]
L'idea ha preso forma nel 2008. Gli anni 2008 e 2009 hanno rappresentato una nuova fase per la Cina. Ho vissuto diverse fasi cinesi: sono arrivato nel 1992 durante il "viaggio a sud" di Deng Xiaoping, quando c'era un'atmosfera completamente diversa rispetto a quella successiva, quando si ripeteva che bisognava avere più coraggio e accelerare il passo. Quando sono andato via nel 1994, era già in atto un controllo macroeconomico (1) e si respirava un'aria diversa. [...] Intorno al 2000 sono arrivati altri grandi cambiamenti: l'ottimismo portato dall'assegnazione delle Olimpiadi e l'ingresso nel WTO; dopo il silenzio nel periodo della Sars, ci si è rialzati in fretta.
Ma niente è stato così lampante come nel 2008, quando oltre alla ricchezza e la forza in campo economico, anche la mentalità della gente, soprattutto dei giovani, mi è apparsa chiara. Per la Cina cominciava una nuova fase, cioè la "prosperità" di cui parlo nel romanzo, che si può dire iniziò a prendere forma da quell'anno.
In realtà questa parola non l'ho inventata io, ma è il modo in cui sempre più cinesi guardano a se stessi e, nel 2009, hanno cominciato a farlo anche gli stranieri. In quei due anni molti media cinesi e stranieri usavano l'espressione "prosperità". Mentre l'Occidente viveva la tempesta finanziaria, sembrava che la Cina fosse appena sfiorata dalla crisi; aggiungiamoci le Olimpiadi, eccetera.
Quindi nel gennaio 2009 sentivo di poter scrivere: a volte hai bisogno di fissare in modo obbiettivo l'intero quadro per poter scrivere qualcosa su un'epoca; dopo il 2008, la struttura del romanzo ha cominciato a prendere forma. Ho scritto velocemente: ho iniziato a gennaio e a giugno avevo finito, fermandomi alcune volte.

Gli intellettuali non possono rinunciare alle idee
Le principali manifestazioni della prosperità sono l'autostima, un senso di orgoglio, di eccessiva eccitazione e di ripensamento rispetto a idee precedenti. Un ripensamento che a volte può risultare in un eccesso di correzioni, ma anche di indulgenza, rispetto agli errori passati. La Cina è sempre più forte e ricca, è una grande nazione già in crescita, è una superpotenza che continuerà ad andare avanti: è innegabile. Il problema è capire che cosa deve essere una Potenza nel Ventunesimo secolo; è quanto stiamo osservando ora, lo spettacolo è appena iniziato.
Quello di cui parlo nel libro è solo una probabilità, che potrebbe non verificarsi, perché si basa sui cambiamenti dell'ambiente esterno e sulle corrispondenti politiche che si vivono all'interno.
Non ho fatto studi approfonditi sull'economia, ho seguito alcune questioni solo in una prospettiva di scrittura narrativa; si tratta di materiale pubblico, niente di particolare. I canali che ho seguito sono i media, ma principalmente ho cercato persone interessanti con cui chiacchierare, non necessariamente grandi intellettuali, persino gente comune, purché fosse materiale autentico: funzionari, uomini d'affari, intellettuali interni o esterni al sistema.
Principalmente ho scritto di intellettuali, propendendo per quelli delle scienze sociali e umanistiche. Alcuni appartengono a degli istituti, altri ai media; sono in contatto con loro dal 2000, per cui so di cosa parlano, conosco i loro caratteri e ciò che hanno vissuto. Lo scopo principale del mio romanzo è dare voce a persone diverse nello stesso testo, per permettere al lettore di conoscere diversi punti di vista. [...]
La domanda implicita nel romanzo è: se davvero viviamo la prosperità, qual è il ruolo della Cina e soprattutto dei suoi intellettuali? E la gente comune? [...] La mia personale idea è che gli intellettuali debbano avere capacità di introspezione, realizzare un'operazione di pensiero, non possono accontentarsi di starsene tutto il giorno seduti in uno Starbucks. [...]

Gli intellettuali e il gergo burocratico
Spesso ci aduliamo fino a ucciderci da soli, mentre una grande nazione avrebbe piuttosto bisogno di discussioni sobrie. Il governo, o le imprese legate al governo, sono estremamente versate nel gergo e nei cliché burocratici, molto più di quanto avevo avvertito dal 1992 al 1994, quando tutti si sottraevano a tale sistema lessicale. Ora, ogni strato sociale ha ripreso questi stereotipi burocratici, tralasciando l'autenticità dei problemi ed evitando di affrontare la realtà. [...]
La Conferenza politica consultiva dovrebbe diventare un momento di verità: dovrebbe essere insito nel sistema stesso. Sono d'accordo sul fatto che bisogna andarci cauti e che se si tratta di cambiare questa società, dobbiamo farlo razionalmente e col consenso di tutti. Approvo un tale sistema di valori, ma ci deve essere anche qualcuno che dica parole spiacevoli: la finestra deve stare aperta. [...]
La Cina investe molto nei suoi intellettuali: si tratta sia di una tradizione sia di un modo di fare contemporaneo. Molti intellettuali agiscono all'interno del sistema, e per parecchi la crescita cinese è un'opportunità vantaggiosa. Il sistema ha sempre più bisogno di intellettuali, ma questi non possono consegnarsi agli stereotipi burocratici appena ne entrano a far parte. [...]
Gli intellettuali hanno represso le proprie voci e si sono messi in ascolto di altre voci, ritenendo che queste siano la volontà popolare. In realtà è una volontà popolare preselezionata; ci si è come auto anestetizzati, si pensa che le voci siano estremamente armoniose, perché quelle non armoniose sono state filtrate.
Quando non sono troppo occupato, passo le giornate a leggere giornali e riviste e mi accorgo che questo cambiamento è molto evidente. Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso era ancora possibile sentire voci diverse, oggi no.
Ma non ho idee particolari per suggerire soluzioni, non sono in grado di farlo, mi limito a scrivere quello che vedo, sperando di suscitare riflessioni.

(1) Con controllo macroeconomico (宏观调控 hongguan tiaokong) si indicano le politiche di intervento diretto del governo per razionalizzare alcune tendenze economiche e finanziarie. Tale intervento fu introdotto nel 1993 dall'allora premier Zhu Rongji.

[in copertina: Yue Minjun, "Outside and Inside the Stage"]

Tradotto da Lucia De Carlo, 16 Ottobre 2012
 



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