Il patriottismo del gusto



Tra i tanti articoli e analisi scritti in questi giorni sul documentario su “La Cina sulla punta della lingua”  (舌尖上的中国 Shejian shang de Zhongguo) abbiamo scelto questo, a firma di Chen Jibing che lo titola "Il patriottismo sulla punta della lingua" (舌尖上的爱国主义 Shejian shang de Aiguozhuyi). Il suo linguaggio non è facile e le sue argomentazioni sono scaltre. Tutto ciò fa di lui una penna molto discussa: c'è chi lo apprezza e chi lo critica. Un netizen ha commentato: "Tu pensi troppo, la gente ama il documentario solo perché è fatto come quelli monumentali delle Bbc! Poi, di questi tempi, il cibo è forse uno degli argomenti comunemente accettati". L'articolo è stato pubblicato sul Southern Metropolis Daily (南方都市报, Nanfang Dushi bao).


Il documentario della Cctv (la televisione di stato cinese) "La Cina sulla punta della lingua" ha riscosso un grande interesse ed è stato un argomento più caldo di quanto si potesse credere. In questi giorni, ovunque si sono accesi dibattiti appassionati.
Anche il critico più sprovvisto di fantasia collegherebbe questo appetitoso documentario al tema della sicurezza alimentare, oggetto di condanna e riflessione della nazione.

C'è inoltre una retorica non scontata dal denso sapore governativo: il collegamento all'antica e magnifica civiltà cinese che punta a mobilitare lo spettatore verso il nazionalismo. Come i megaschermi che pubblicizzavano la cultura cinese apparsi in Times Square a New York, "A bite of China" è un documentario di propaganda  vincente. È un appello all'identificazione culturale attraverso le papille gustative che rivela in modo pieno e intelligente il soft power cinese. Per i cinesi diventa così il miglior video per l'educazione all'amor patrio.  Usando la loro dialettica, questo amore non è un'orazione forzata, bensì uno studio che mira alla conoscenza delle bellezze di questo paese. Quest'argomentazione non è insensata, ma poiché il suo scopo si esaurisce nella “propaganda”, nell'“educazione” e nel “soft power”, le prelibatezze di generoso splendore mostrate dal documentario diventano mezzi di poca importanza al servizio del fine sopracitato.

L'apprezzamento quindi è dovuto al loro utilizzo per diffondere la “dottrina” che risulta vincente. Per questo noi che lo interpretiamo, siamo profondamente annoiati. Nel nostro animo nasce un'impazienza difficile da esternare.

C'è anche chi si appella ai politici per “far parlare ancora di questo documentario”. Questi, conformi all'opinione mainstream, fanno notare che il cibo è cibo e che non bisogna stimolare troppo il già greve patriottismo; esigono poi che i cosiddetti “patrioti del gusto” non celebrino senza limiti ogni cosa bella della vita trasformandola in oggetto di inutili lotte di retorica. In questo modo non si otterrebbe altro che la sua distruzione.

Non si sa come, ma le parole che sembrano rappresentare il calore del senso comune, fanno sì che io - spesso imputato proprio da questi patrioti al tribunale della morale - le consideri ancor più inaccettabili.

In queste parole ci trovo la seguente logica: l'amore per la patria è una questione solenne, il cibo e le bevande sono solo bazzecole triviali della quotidianità di noi comuni mortali.

Mi chiedo: com'è che i miei sentimenti sono esattamente all'opposto?

Se si affrontano le necessità basiche della vita, i sentimenti umani, la letteratura, l'arte e la morale dei Riti presenti su questa grande terra divina, il mio cuore patriota sussulta intensamente, mentre quando le trombe intonano i versi delle grandi epopee dell'ascesa cinese, dalle navicelle spaziali "Divino cinque" e "Divino sei", ai campioni olimpici, alla difesa del Mar Cinese meridionale, il sentimento del mio orgoglio nazionale si muove a stento. In altre parole, per un cinese come me i sentimenti verso la divina terra del Catai stanno in una zuppa di caldi ravioli di maiale, piuttosto che nella remota isola Huangyan difficile da trovare persino nelle mappe. (1)

[…] A questo punto non si può non toccare il tema del "nazionalismo", che stimola una certa salivazione. Ce n'è di due tipi, totalmente differenti e spesso  in aperto contrasto. Il primo è conosciuto come il nazionalismo politico e si batte unicamente per una Cina grande e forte; il secondo è il nazionalismo culturale, ovvero quello concentrato sullo sviluppo e la continuità della cultura tradizionale.

Per questioni di spazio non mi dilungo a spiegare le specifiche connotazioni di questi due tipi di nazionalismo, ma solo i punti per cui sono spesso in contrasto. Quello politico è un nazionalismo che per ottenere l'indipendenza e la forza nazionale spesso inibisce e si scompone fino a distruggere consapevolmente e di propria iniziativa le tradizioni culturali. [...] In Cina questo tipo di nazionalismo politico si traduce spesso in una contraddizione: per la forza e per la prosperità della Cina, dobbiamo smetterla di fare i cinesi! [...] Di contro, l'attenzione del nazionalismo culturale si concentra sull'etica religiosa e sulle tradizioni piuttosto che sui confini territoriali. [...] Se nella Cina antica ci fosse stato un nazionalismo, questo sarebbe stato di certo culturale. […]

Dal punto di vista di un fautore del nazionalismo culturale, il vero amor patrio corrisponde alla lotta per l'esaltazione, la continuità e la conservazione della cultura dei Riti (4) tramandata dagli antenati, per mantenere le arti e le lettere e lo stile di vita dei nostri predecessori. [...]
In base a ciò è evidente che in “Sulla punta della lingua” c'è certamente del nazionalismo. Le prelibatezze culinarie non sono uno strumento nelle mani di educatori che amano ardentemente la Cina, né sono quisquilie di poca importanza. Le prelibatezze sono la Cina e la Cina è una prelibatezza. (2)

Note:
(0) Il termine cinese 礼乐 (liyue), indica un fondamento della dottrina confuciana, ovvero [l'etica dei] riti. Secondo Confucio le politiche, le decisioni del governo hanno il potere/dovere di educare il pensiero del popolo.

(1) Quest'isola è oggetto di disputa tra Cina e Filippine, ma ad oggi pare sia ridotta alla grandezza di cinque metri quadrati al massimo. Per questo risulta introvabile anche nelle mappe.

(2) In questa frase, quello che rendiamo con Cina nel testo è indicato con il termine 祖国, zuguo, che letteralmente indica la madre patria. I cinesi usano spesso questa dicitura per riferirsi alla Cina.

(4) Si veda la nota 0

[nella foto: un raccoglitore di loto. Credits: Sina.com]





Tradotto da Tania Di Muzio, 15 Giugno 2012