Composta nel 1968, questa poesia è ispirata dall’amore che ha unito il poeta e Lili, giovane di etnia uyghur. Come altri suoi componimenti dello stesso periodo, l’opera ha toni molto drammatici, che evidenziano le difficoltà a cui la giovane coppia andò incontro per via dei pregiudizi dei cinesi han nei confronti degli uyghur. Al ritorno dallo Shanxi, Shizhi evidenziò i primi problemi di schizofrenia, che lo avrebbero condannato a più di tre decenni di terapie. Nonostante le difficoltà portate dalla malattia si è sposato due volte, e la sua vita sentimentale ha sempre rappresentato una fonte di ispirazione per le sue poesie. Come in tutta la sua produzione letteraria, anche le poesie d’amore di Shizhi sono venate di dolore e tristezza: «Il dolore è la fortuna di un poeta. D’altra parte le poesie sono liberazione e conforto. Nel momento in cui il mio dolore assume la forma di una poesia, mi sento davvero felice e soddisfatto».
È davvero possibile che il Dio dell’amore sia...
È davvero possibile che il Dio dell’amore sia labbro assetato
intento solo a saziarsi di sangue oscuro e lacrime brillanti
ma abbia dimenticato che dentro al sangue e alle lacrime
ci sono ancora due cuori pulsanti.
È davvero possibile che il Dio dell’amore sia mano sottile
che si inebria solo tendendo le corde di uno strumento
però abbia dimenticato che nel mezzo delle vibrazioni
ci sono ancora due cuori sofferenti.
È davvero possibile che il Dio dell’amore sia vento privo di traccia
devoto solo alla ricerca di nuvole volteggianti nel Cielo
ma abbia dimenticato che dentro all’Inferno
ci sono ancora due cuori grevi.
È davvero possibile che il Dio dell’amore sia remo di barca
che senza volere ha spezzato l’immagine della luna nel lago
ma abbia dimenticato che nel mezzo dell’ondeggiare
ci sono ancora due cuori frantumati.
Tradotto da
Mauro Crocenzi, 08 Giugno 2012
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