Seconda parte dell'articolo del Renwu Zhoukan sui pericolosi livelli raggiunti dall'inquinamento in Cina.
Alle origini dell’inquinamento
La gente, quando legge le notizie sulle cause dell’inquinamento, ripensa al grande smog della Londra del 1952 o allo smog fotochimico di Los Angeles negli anni Quaranta e Cinquanta. Tuttavia, in un articolo intitolato “Riflessioni e strategie per controllare l’inquinamento atmosferico a Pechino a Tianjin e nello Hebei”, Wang Yuesi (autore dei rapporti del progetto “Indagine sulle cause dello smog in Cina” e ricercatore dell’Istituto di fisica atmosferica dell’Accademia nazionale delle scienze) scrive: "la questione dello smog in Cina è ancora più complessa e seria del grande smog di Londra e dello smog fotochimico di Los Angeles".
Il grande smog di Londra fece la sua comparsa in un’epoca in cui l’umanità non conosceva ancora il fenomeno dell’inquinamento atmosferico ed era riconducibile soprattutto alla combustione di un eccesso di carbone in quello stesso periodo. Lo smog fotochimico di Los Angeles, invece, era facilmente riconducibile ai motori delle autovetture. Lo smog in Cina, invece, non ha una ragione così evidente. Ogni città e ogni fenomeno ha caratteristiche proprie.
A distanza di tre mesi dall’ondata di smog di gennaio 2013 che ha colpito Pechino, Tianjin e la regione dello Hebei, il team di ricerca di Wang Yuesi ha pubblicato i risultati della propria analisi sulla Rivista dell’Accademia cinese delle scienze. L’analisi delle cause che hanno generato il PM 2.5 a Pechino ha evidenziato il ruolo della combustione del carbone e dei motori delle autovetture.
"La media annuale delle emissioni di PM 2.5 a Pechino è riconducibile alla combustione del carbone (26 per cento), ai motori delle autovetture (19 per cento) alla ristorazione (11 per cento) e alle industrie (10 per cento)". La stessa analisi ha invece rivelato che "nella regione che si estende da Pechino a Tianjin fino allo Hebei la principale fonte d’inquinamento è la combustione del carbone (34 per cento), seguita dai motori delle vetture (16 per cento) e dalle industrie (15 per cento)".
I mezzi di comunicazione hanno sintetizzato questi risultati con la formula ”le macchine di Pechino, gli oli di Tianjin e il carbone dello Hebei”. Nell’articolo “Proposte per il controllo dello smog”, il gruppo di ricerca di Wang Yuesi scriveva: "Pechino non ha i mezzi per gestire indipendentemente il problema dello smog".
Stando ai dati raccolti dal Ministero per la tutela ambientale sul mese di novembre, l’insieme degli indici sulla qualità dell’aria nell’ambiente urbano evidenzia che le dieci città con i peggiori risultati sono Shijiazhuang, Baoding, Xingtai, Tangshan, Handan, Jinan, Taiyuan, Langfang, Urumqi e Hengshui [7 di queste città sono nella regione dello Hebei, che circonda Pechino, ndt].
A confronto con il caso di Pechino, è evidente che nello Hebei l’inquinamento dell’aria è ancora più grave, ma poiché la capitale ha catalizzato a lungo l’attenzione generale, l’opinione pubblica “ha spento la luce” sulla pessima aria dello Hebei. Inoltre, gli effetti a catena scaturiti da un modello di sviluppo industriale tradizionale hanno gravato anche sulla capitale.
Per quanto riguarda Shanghai, la ricerca delle cause non è così facile. In una regione come quella del delta del Fiume azzurro, in cui d’inverno non si fa uso del riscaldamento centralizzato, cosa causa lo smog? Secondo le indagini ufficiali, la causa principale sarebbe legata alle condizioni climatiche.
La versione più ricorrente ritorna anche nella nota ufficiale dell’Agenzia municipale per la tutela ambientale, secondo cui il recente inquinamento sarebbe "il risultato dell’azione congiunta e sovrapposta dell’arrivo di agenti inquinanti da Nord, dell’accumulo continuo dell’inquinamento locale, nonché di quello di tutta la regione, scaturita da una serie di condizioni meteorologiche sfavorevoli".
Il clima probabilmente è davvero una delle ragioni. Durante l’inverno, l’inversione termica –che fa registrare un abbassamento della temperatura negli strati superficiali e l’innalzamento in quelli superiori- e la limitazione dei movimenti atmosferici orizzontali e verticali intensificano la concentrazione delle sostanze inquinanti.
Stando alle immagini scattate con telerilevamento satellitare dalla Nasa, "la spessa coltre di smog si estende da Pechino a Shanghai, per un tratto di 1200 chilometri, equivalente alla distanza che separa Boston nel Massachusetts e Raleigh, nel North Carolina [...] L’abbondanza di smog è comune nel Nord Est della Cina, ma raramente il fenomeno si era esteso come questa volta fino al lontano Meridione".
Le immagini rilevate dal satellite sono state analizzate da Rudolf Husar (direttore del Centro per l’analisi delle tendenze e dell’impatto dell’inquinamento dell’aria dell’Università di Washington), che ha affermato che le sostanze inquinanti non hanno raggiunto la parte superiore della nebbia: "la maggior parte di esse è stata confinata allo strato limite planetario (il più vicino alla superficie terrestre), che è spesso solo alcune centinaia di metri". Questa conclusione riprende il pensiero degli scienziati cinesi.
A tal proposito, in un articolo scientifico divulgativo, Wang Yuesi faceva un’analogia che paragonava l’altezza degli strati compositi con quella del soffitto di una stanza: "se il soffitto è troppo basso e tutti fumano nella stessa stanza, dopo poco non si vedono più le persone. Se il soffitto invece fosse alto venti o trenta metri e si facesse una riunione in una sala simile, anche fumando due sigarette non cambierebbe nulla".
Influenze di questo genere probabilmente scaturiscono dai cambiamenti climatici che si stanno verificando. Lo scienziato Wang Kaicun, alla guida dell’Istituto di ricerca scientifica sui cambiamenti globali e sul sistema terrestre dell’Università di Pechino, anni fa pubblicò un articolo su Science, in cui, tra l’altro, sosteneva che dal 1975 è in atto un chiaro aumento della concentrazione di polveri sottili su scala globale (Europa esclusa).
Lo smog ha anche il potere di accentuare la stabilità del tempo. Wang Kaicun ha dichiarato al nostro giornale che l’aumento delle polveri sottili ha allo stesso modo fatto sì che le radiazioni solari in grado di raggiungere la superficie terrestre siano diminuite, riducendo inoltre la capacità della superficie terrestre di riscaldare l’atmosfera e la temperatura terrestre. Tuttavia, la temperatura degli strati dell’atmosfera che contengono polveri sottili è aumentata, perciò il tempo tende alla stabilità, sfavorendo la diffusione delle polveri sottili per vie verticali e rendendone più facile l’accumulo.
È possibile che lo smog e il tempo stabile si stiano influenzando e stimolando a vicenda. Tuttavia, la permanenza per più di una settimana del cielo grigio lascia ipotizzare che questo stato di inerzia sia il risultato di una causa scatenante. Ma quale?
C’è chi ha puntato il dito contro l’erba bruciata dai contadini nei terreni incolti ai margini della città, chi ha pensato ai motori delle macchine e alle centrali elettriche a carbone nella regione del delta del Fiume azzurro. Stando ai dati sulla capacità installata di energia prodotta con combustibili fossili nei tre principali centri economici del paese, i valori dell’area di Pechino, Tianjin e dello Hebei e di quella del Fiume delle perle (Canton, Shenzhen e Hong Kong) coprono solo il 7 per cento di tutto il paese, mentre quelli dell’area del delta del Fiume azzurro ammontano al 17 per cento.
Secondo le analisi condotte da Greenpeace sui relativi dati climatici e sulle strutture produttive dell’area sul delta del Fiume azzurro, invece, "il cemento e altre emissioni rappresentano la principale causa dello smog nella regione del delta del Fiume azzurro". Oltre agli scarichi delle industrie locali, anche le sostanze inquinanti provenienti da fuori sono state prese in considerazione per capire se ci sia stata una relazione tra l’inquinamento che in questa occasione ha colpito le regioni a Sud del Fiume azzurro e la situazione nel Nord della Cina. Chi sostiene questa tesi fa riferimento al fatto che la qualità dell’aria nelle città meridionali è strettamente legata alla provenienza dei venti, e spesso la situazione inizia ad aggravarsi quando il vento soffia da Nord.
Con una coltre di smog lunga 1200 chilometri sono comparse le battute sulla rete sulla differenza tra la “nebbia made in Pechino” e la “nebbia made in Shanghai”: "una ha il gusto delizioso di un filetto di carne, l’altra è delicata come un kopi luwak". Osservando se si tratti di polveri fini o ruvide, sul suo blog Jiang Dahe ha tracciato uno standard di giudizio sulla base della proporzione di PM 2.5 e di PM 10. Ritiene che "la proporzione dimostri in una certa misura la tipologia di inquinamento e la probabile natura degli agenti inquinanti".
Quando la proporzione di particolato fine tende a essere elevata, si registrano soprattutto agenti inquinanti locali e trasportati dalle aree circostanti; quando invece le polveri sono prevalentemente ruvide è in atto un processo di spostamento dello smog fluttuante dal Nord.
Ma le polveri presenti nell’atmosfera possono davvero coprire distanze di oltre mille chilometri e attraversare mezza Cina? Rudolf Husar, in una replica al nostro giornale, non sembra avere dubbi: secondo lui "le emissioni di ossido di zolfo provenienti dalle centrali elettriche riescono a tutti gli effetti ad avere ripercussioni su aree circostanti tra i cinquecento e i mille chilometri. Per portare a termine questo spostamento nell’atmosfera bastano dai tre ai cinque giorni".
Questo famoso scienziato americano, che in passato si è occupato del fenomeno delle tempeste di sabbia e polvere in Asia, ritiene che, proprio in virtù dell’inquinamento atmosferico, oggi queste ultime non rappresentino già più la principale sfida da affrontare in Cina.
A prendere il posto delle tempeste sono state queste polveri dal diametro di appena 2.5 micrometri. "Le tempeste avvengono solo in primavera e colpiscono solo le regioni settentrionali. Le componenti chimiche nelle polveri non sono dannose e avendo un diametro sufficientemente grande non riescono a penetrare nei polmoni".
Le responsabilità della gente
La crisi dell’aria rappresenta un’enorme sfida per il governo. Ha la particolarità di coinvolgere ambiti diversi, dall’economia alla politica, dalla qualità della vita alla diplomazia.
A metà giugno del 2013, la Conferenza esecutiva del Consiglio di stato ha approvato e promulgato dieci articoli, i cosiddetti “dieci articoli sull’atmosfera” per la prevenzione dell’inquinamento dell’aria. Dopo il “Piano d’azione per la pulizia dell’aria 2013-2017”, che stanzia un investimento di oltre mille miliardi di yuan, a ottobre 2013 il governo municipale di Pechino ha proclamato un nuovo “Piano per le emergenze causate dal forte inquinamento atmosferico di Pechino”, che prevede, tra l’altro, l’interruzione del lavoro e della produzione industriale, la sospensione della circolazione di autovetture e altre misure d’emergenza.
"Se non si investe nella tutela ambientale bisognerebbe investire nell’assistenza sanitaria". A parlare è Zhao Hualin, direttore del Dipartimento per la prevenzione dell’inquinamento del Ministero per la tutela ambientale. Sulla base del “Piano d’azione per la pulizia dell’aria 2013-2017”, fino al 2017 la Cina stanzierà 1.700 miliardi di yuan per gestire il problema dell’inquinamento atmosferico. Per fare fronte alle spese di questo piano enorme sono scesi in campo governo, imprese e singoli cittadini.
Il 22 dicembre, alle ore 19:22, l’account ufficiale weibo dell’Ufficio per la protezione ambientale della municipalità di Tianjin ha mandato un segnale di preallarme per comunicare che dal 22 al 25 dicembre l’aria di Tianjin sarebbe stata fortemente inquinata. L’allarme era di terzo livello (allarme giallo), in conformità con la classificazione istituita dal regolamento del “Piano per le emergenze causate dal forte inquinamento atmosferico di Tianjin”.
Contemporaneamente, un altro messaggio più lungo segnalava inequivocabilmente che a partire dalla mezzanotte del 23 si sarebbe posto un limite alla circolazione a giorni alterni sulla base dell’ultima cifra della targa delle vetture. Subito dopo il messaggio è stato condiviso in successione dalle amministrazioni correlate.
L’annuncio improvviso ha portato all’esasperazione gli automobilisti di Tianjin che hanno letto la notizia su internet. Dopo quattro ore, il canale trasporti di Radio Tianjin, su indicazione dell’Ufficio di gestione delle comunicazioni, annunciava che "stando alle ultime notizie, al momento non si ricorrerà alle targhe alterne. Poiché in rete è comparsa la notizia che domani sarebbe iniziata la circolazione a targhe alterne, invitiamo tutti a fare riferimento a questo annuncio speciale".
L’autogol del governo ha creato ancora più incertezza nelle notizie, cosicché l’account weibo ufficiale del Quotidiano di Tianjin ha replicato con schiettezza: "l’Agenzia municipale per la tutela ambientale stasera ha proclamato lo stato di allerta del terzo livello per l’emergenza inquinamento. Questo implica che per la prima volta verrà messo in atto il “Piano per le emergenze causate dal forte inquinamento atmosferico di Tianjin” (provvedimento n° 88 del 2013 approvato dal governo municipale).
Domani ci saranno limiti alla circolazione, gli automobilisti ne sono al corrente? Anche i giornalisti sono abbastanza confusi! Domani chi non rispetterà il regolamento verrà multato o no? Se verrà multato come sarà possibile ottenere il rispetto della popolazione? E se non verrà multato dovremo considerare le delibere del governo alla stregua di una recita per bambini? Gli uffici in questione siano un po’ più seri, stiamo parlando di un limite della circolazione!"
Una serie di segnali dimostra che le parti in causa ancora non sono pronte per prendersi appieno le proprie responsabilità.
[pubblicato su Internazionale]
Tradotto da
Mauro Crocenzi, 09 Maggio 2014
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